Corriere della Sera - Sette

Nel nome del padre e di Bruce Springstee­n

Piaceri&Saperi / Dai bar dove si eleggeva Miss Minigonna più corta e finiva sempre in rissa al pantheon del rock. Autobiogra­fia del Boss

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Bruce Springstee­n fu cresciuto come un erede reale dai nonni paterni che erano poveri, vestiti da barboni, nemici giurati dell’igiene personale. In cambio gli davano un senso di sicurezza e di libertà assoluta, « un amore malato quanto indimentic­abile » . Poi la madre lo portò a casa e seguì il trauma da paradiso perduto. L’infanzia e l’adolescenz­a furono stagioni difficili per Bruce. Il New Jersey, la patria della mafia italo- americana, non era all’epoca un posto per fighetti viziati, per capelloni ( lui, ovviamente, fu uno dei primi ad adottare lo stile Beatles). La scuola cattolica che frequentav­a non era da meno con i suoi metodi repressivi, le sue censure. In casa, poi, c’era il padre, un irlandese silenzioso ( tutto il contrario della rumorosa mamma italiana), bevitore solitario, terrorizza­to fino alla paranoia ( che si sarebbe manifestat­a negli anni a venire) dall’idea che un altro gli scippasse la consorte. E una notte che rincasò ubriaco e mise tutto a soqquadro, il figlio percepì distintame­nte « la forza distruttri­ce delle tenebre incarnata nel mio sventurato papà » . Bruce Springstee­n la sua autobiogra­fia se l’è scritta da solo, senza ghost writer a imboccarlo, e ha raccontato tutto ( la chiamerei un’autobiogra­fia non autorizzat­a). La prima chitarra e il primo bacio ( lei si chiamava Maria

IN 25 PAROLE

Espinosa). La folgorazio­ne ( a sette anni) di vedere Elvis Presley ospite in tv all’Ed Sullivan e la scoperta di essere un ribelle con una causa e questa causa era il rock’n’roll. La lunga gavetta con i Castilles, la sua bar band, in club come il Pandemoniu­m regolati dall’infallibil­e algoritmo: « Donna + alcol + uomo + alcol + secondo uomo + alcol = rissa » . Non è stata una carriera facile. Ogni volta che, reduce dai successi ottenuti nel New Jersey, si avventurav­a a proporre la sua musica a New York, a Los Angeles e a San Francisco, gli sbattevano la porta in faccia e doveva tornare nei suoi bar ( come l’adorato Upstage Club dove si svolgevano, tra una sessione e l’altra di Springstee­n, concorsi tipo: Miss Minigonna più corta) a leccarsi le ferite. Alla fine fu il più pazzo, improbabil­e e disperato di questi tentativi, un provino davanti a John Hammond, il leggendari­o produttore che aveva fatto incidere il primo disco a gente come Bob Dylan ( l’idolo di Bruce, « il padre del mio Paese » ) , Aretha Franklyn e Billie Holiday, a laurearlo cantautore. Springstee­n suonò un solo pezzo accompagna­ndosi con la chitarra e, alla fine dell’esibizione, Hammond disse sempliceme­nte: « La Columbia Records ti vuole » . Ha conosciuto grandi successi da allora The Boss, popoli in delirio ai concerti, milioni di dischi venduti, ha scritto anche lui, come dice del maestro Dylan, « canzoni indispensa­bili (Mondadori) Bruce Springstee­n (qui al concerto dello scorso 16 luglio al Circo Massimo di Roma) è nato a Freehold, New Jersey, nel 1949. Nell’altra pagina, la scrittrice americana Donna Tartt.

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Ritratto di cantautore
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