Corriere della Sera - Sette

Quella Porta d’Oriente sull’orlo dell’abisso

Piaceri&Saperi / In bilico tra laicismo e islamismo dittatoria­le di Erdogan, Istanbul resta un crogiolo affascinan­te di culture diverse

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Oggi non sembra. Troppi veli, troppi Allah Akbar, troppi bombardier­i in volo. Ma in Turchia, più o meno un secolo fa, c’è stata una rivoluzion­e che aveva per obiettivo la modernizza­zione: uscire una volta per tutte dall’empasse islamica, un loop temporale che teneva il Paese in stallo da cinque secoli. Con I segreti di Istanbul, l’ultimo dei suoi Baedeker di lusso, Corrado Augias mette in scena la città che ha fatto da cerniera, per millenni, tra l’est e l’ovest, tra i lumi occidental­i e il dispotismo asiatico ( così lo chiamava Marx prima d’invaghirsi, negli ultimi anni della sua vita, del populismo russo, come racconta Marcello Musto in un libro recente). Non è il racconto, strada dopo strada, isolato dopo isolato, d’una sola Istanbul, qua il gran bazar, là il Topkapi e il Pera Palace Hotel ( dove le spie di Eric Ambler dormivano con una pistola sotto il cuscino, Agatha Christie scriveva Assassinio sull’Orient-Express e Pierre Loti, Edmondo De Amicis e Albert Londres fondevano storia, « orientalis­mo » e « pittoresco » in un solo grande arazzo daMille e una notte). Istanbul è una città multipla. È Costantino­poli, capitale dell’impero romano d’Oriente e del primo cristianes­imo, rissoso e cervelloti­co; ed è Bisanzio, la città dell’intrigo, dei tumulti sportivi che provocano decine di migliaia di morti, delle imperatric­i puttane. Infine è Istanbul, conquistat­a dall’Islam, la città del Gran Serraglio, della mezzaluna, degli eunuchi. Per un breve periodo, prima di tornare a essere ( con Recep Tayyip Erdogan) una minacciosa capitale islamica, è stata anche la città raccontata da Charles King in un altro grande libro, Mezzanotte a Istanbul – l’Istanbul futurista dei I SEGRETI DI ISTANBUL. STORIE, LUOGHI E LEGGENDE DI UNA CAPITALE di Corrado Augias Einaudi 2016, pp. 266, 20 euro, eBook 9,99 euro MEZZANOTTE A ISTANBUL. DAL CROLLO DELL’IMPERO ALLA NASCITA DELLA TURCHIA MODERNA di Charles King Einaudi 2005, pp. 402, 32 euro

XISTANBUL di Orhan Pamuk Einaudi 2014, pp. 388, 14 euro, eBook 9,99 euro

XISTANBUL. RITRATTO DI UNA CITTÀ di Peter Clark Odoya 2014, pp. 378, 14 euro

XL’ULTIMO MARX 1881-1883 di Marcello Musto Donzelli 2016, pp. 148, 24 euro, eBook 16,99 euro modernizza­tori e dei nazionalis­ti, dei jazzisti e delle femministe, la città in cui trovavano rifugio i russi bianchi in fuga dal Ghepeù e i tedeschi in fuga da Hitler. Come tutte le rivoluzion­i, anche quella dei « kemalisti » ( come venivano chiamati i seguaci occidental­isti e fortemente anticleric­ali di Mustafa Kemal Atatürk, il generale dell’esercito turco che nel 1922 depose il sultano Maometto IV) fu una rivoluzion­e poco raccomanda­bile, come s’usavano all’epoca, nell’età dei fascismi e dei comunismi, oltre che del jazz e del cinema muto. Ma fu Atatürk a vietare il velo islamico, a decretare il suffragio universale e la parità tra i sessi, a proibire l’uso del fez e del turbante, ad adottare l’alfabeto latino e il sistema metrico decimale. Atatürk si sbarazzò dei segni esteriori dell’ « orientalis­mo » e del pittoresco. Di quella storia plurima, ricca ma opprimente, rimasero le rovine culturali: ristoranti tipici, moschee e musei, le botteghe. Dopo Costantino­poli e Bisanzio, dopo l’Istanbul dei sultani, dei giannizzer­i e ( all’inizio del Novecento) del genocidio degli armeni, oggi è la Turchia dei generali kemalisti a lasciare dietro di sé le rovine culturali del « Tanzimat » , la modernizza­zione, maledetta dagli ulema. Corrado Augias traccia la mappa anche di questa Turchia forse irrimediab­ilmente perduta, sprofondat­a come Atlantide nei gorghi d’una storia « bizzarra e cattiva » , come la sorte cantata da Paolo Conte. Magistrale collage d’aneddoti, di biografie, di storie note e dimenticat­e, di vite dei santi e dei fanti e dei lestofanti, I segreti di Istanbul è una guida impareggia­bile per ogni turista che s’accinga a visitare la città. Nella speranza, naturalmen­te, che il turismo sopravviva a questi tempi cupi.

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