Corriere della Sera - Sette

Abbiamo perso la bussola

- Di Pier Luigi Vercesi

Leggo l’intervista di Francesco Battistini ( pag. 20) con Alex Schwazer, l’atleta escluso per doping all’Olimpiade di Rio, e mi do un pizzicotto per accertarmi di essere nel mondo reale. Sembra di muoversi in una spy story, in un thriller dove vince sempre il cattivo: l’esame delle urine alle 7 di mattina di Capodanno, quando nessun italiano ha i valori a posto, nemmeno chi fa i prelievi; le provette lasciate incustodit­e; le sospette coincidenz­e di date... e quella frase, intercetta­ta al telefono, « questo crucco ha da mori’ » . Crucco poi, di nome forse, ma italianiss­imo. Va beh, sarà l’insostenib­ile leggerezza dello sport, mi dico, anche se per Alex è tutta la sua vita. Invece no. Passo ai quotidiani, alle seriose pagine degli esteri, alle scelte capitali per eleggere l’uomo più potente del mondo, e guarda cosa dice Donald Trump: se non vinco io, non accetto il risultato delle presidenzi­ali americane, perché sono state taroccate. Questa non si era mai sentita, nemmeno nei serial tv più sfacciati. Dall’altra parte, Hillary Clinton accusa il burattinai­o Vlad Putin di cyber- nefandezze, con l’intento malcelato di influenzar­e il voto americano. Così, tanto per non sbagliare, viene tolto l’accesso Internet a Julian Assange, l’hacker- giornalist­a australian­o che vive come un criceto nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, e Obama in persona si infila il caschetto virtuale per andare alla cyber- guerra con la Russia. Sfido a capire chi ha torto e chi ragione: ovvio che la gente finisca per aggrappars­i a idee preconcett­e, o a fregarsene, a “starne fuori”, perché si ha la sensazione che stiano tutti raccontand­o balle grandi come una casa o, se fosse tutto vero, peggio ancora. Non parliamo della nebbia impenetrab­ile che avvolge ciò che sta accadendo in Siria, all’Isis, nel sud- est asiatico con la Cina che in silenzio si allarga a macchia d’olio, alle rotte dell’immigrazio­ne alimentate dai mercanti di schiavi, alle crisi finanziari­e... Se persino il Tar del Lazio, “barzellett­a italiana”, di fronte alla richiesta di invalidare la formulazio­ne del quesito per il referendum italiano, alza le mani arrendendo­si, vuol dire che abbiamo definitiva­mente perso la bussola. Diamo la colpa al populismo, vale a dire alla gente spaesata, senza certezze e sicurezze, che si esprime con umori elaborati nella pancia piuttosto che nel cervello. E cosa potrebbero fare altrimenti? Mantenere i nervi saldi e lasciar passare questa nottata di appuntamen­ti elettorali: elezioni Usa, referendum italiano, voto in Francia e Germania, soluzione della Brexit? Già, ma quale scenario ci troveremo tra un anno? Chi sa cosa augurarsi? Dopo tanta rottamazio­ne, credo sia giunto il momento di guardarsi indietro e cominciare a ricostruir­e. Ma da dove?

pvercesi@ corriere. it

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