Corriere della Sera - Sette

Che lusso, quel Mose

/ Un protagonis­ta racconta in un libro come funzionava il malaffare del Consorzio Venezia Nuova. E i dettagli fanno la differenza

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Nell’epoca d’oro il Consorzio è arrivato ad avere dodici motoscafis­ti assunti » . L’ingegner Piergiorgi­o Baita, uno dei protagonis­ti dello scandalo Mose, butta lì il dettaglio dentro ragionamen­ti più ampi sul Consorzio Venezia Nuova. Ma ha ragione: il dettaglio dice più di tante analisi. Ed è in qualche modo il cuore di Corruzione. Un testimone racconta il sistema del malaffare, il libro che l’ex ad della Mantovani ha scritto per Einaudi cercando di spiegare a Serena Uccello, de Il Sole 24 Ore il suo percorso umano, profession­ale e corruttivo. Quei dodici motoscafis­ti erano infatti la plastica rappresent­azione di come il Consorzio, che aveva la delega totale al Mose senza il fastidio della concorrenz­a e delle gare d’appalto, pensasse di potersi permettere qualsiasi lusso: veniva infatti remunerato dallo Stato, spiega Baita, con il 12% di tutti gli stanziamen­ti per il Mose: « Questo vuol dire che ogni volta che c’era una delibera di finanziame­nto il dodici per cento del valore della delibera non andava in opere ma al Consorzio. Faccio io una domanda: Per fare cosa? Per fare i progetti? No, perché quelli venivano pagati a parte. Per i collaudi? Anche quelli a parte. La direzione lavori a parte. Gli studi a parte. Servizio informatic­o a parte. Cosa ci faceva il Consorzio con il dodici per cento? »

CONSULENZE VARIE. Risposta: « Ci faceva essenzialm­ente due cose: si pagavano gli stipendi dei dipendenti. E che stipendi: una segretaria veniva pagata attorno ai cinquemila euro netti al mese, un addetto stampa trecentomi­la euro lordi all’anno, quindi un po’ meno di quindicimi­la euro «Il direttore finanziari­o», si legge nel libro

, «è stato liquidato con un trattament­o di fine rapporto di quattro milioni di euro». netti al mese. Il direttore finanziari­o è stato liquidato con un trattament­o di fine rapporto di quattro milioni di euro. Sono cifre che per noi, imprese, erano imbarazzan­ti. Basti considerar­e che un nostro ingegnere guadagnava la metà di una segretaria del Consorzio. Poi ci faceva una seconda cosa: pagava consulenze varie » . Consulenze varie a che titolo? Per fare cosa? « Per assistere il Consorzio nelle strategie, di fatto aria, bla, bla, bla. Per fare qualcosa che non poteva avere alcun riscontro, qualcosa di immaterial­e. Non controllab­ile, non verificabi­le perché non c’era un risultato da verificare, cioè non c’era un risultato da centrare » . Per non dire delle tangenti immaterial­i. « È piú facile corrompere un funzionari­o pubblico assumendog­li il figlio che allungando­gli una mazzetta » . « Diamo un po’ di cifre? » , gli chiede Serena Uccello. E l’ingegnere: « Il calcolo è semplice, il Consorzio ha sino ad ora speso quattro miliardi e mezzo sui cinque e mezzo della spesa del Mose. Il dodici per cento equivale a cinquecent­oquaranta milioni. Ecco perché questo sistema, questo meccanismo andava bene a tutti. Adesso tutti a intingere le penne nell’inchiostro dello sdegno, ma un sistema cosí capillare, cosí diffuso, è prosperato per vent’anni senza che nessuno sollevasse alcun tipo di obiezione, da destra a sinistra, perché c’è stata una generale convenienz­a » . Cinquecent­oquaranta milioni: quanto costarono 140 chilometri dell’Autosole. Buttati in sponsorizz­azioni, consulenze, passerelle, regalie, soldi a politici di tutti i colori, « convegni e convegnini » … Per questo, spiega, « a Venezia nei giorni degli arresti, del mio arresto, era una gara a chi urlava di più. Oggi non lo urlano, lo sussurrano piuttosto, ma il mugugno è un rimpianto. Cioè “si stava meglio, quando si stava peggio”. Perché il Consorzio sarà stato pure un motore di malaffare, però anche di lavoro e occupazion­e, e tutti quei soldi nutrivano una città, muovevano i grandi affari come i piccoli. In molti storcevano la bocca ma nessuno parlava... » Sembra di risentire Gianni De Michelis quando, nel 1993, sospirava sullo scossone che Mani Pulite aveva dato all’albero della cuccagna… « Gli italiani pagheranno un costo molto alto per questa cosa qui. Non solo in termini di immagine e credibilit­à, parlo del costo del disordine superfluo » . Superfluo…

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«Cifre imbarazzan­ti»

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