Del confronto tv
Chissà se, quando finalmente saremo andati a votare ( e chissà se poi davvero ci andremo e quando), chissà dunque se quando tutta questa faccenda sarà finita, ci mancherà la vispa e ardita compagnia di giro che, con infaticabile impegno, si è formata intorno alla vicenda della scelta della riforma Costituzionale. E che ha anche ridato un po’ di vitalità ai declinanti talk show. Con la vistosa eccezione del povero professor Zagrebelsky che dopo una mesta comparsata da Mentana ha subito buttato la spugna, gli altri resistono imperterriti e formano un gruppetto di irriducibili che ci accompagna da mattina a sera comparendo in ogni trasmissione, senza disdegnare il trash, che vanno da un redivivo e reincattivito Massimo D’Alema, alla neo mamma Giorgia Meloni che spesso si presenta – e giustamente – con pupa nelle retrovie del set, al nostro leader Ercolino sempre in piedi e sempre sveglio Matteo Renzi. E poi ci sono le new entry del Ni, da Rosy Bindi a Giuliano Pisapia, quelli che resistono fino all’ultimo a non esporsi, magari con la scusa che è bene chiarirsi le idee e aiutare gli italiani a chiarirsele, senza la zavorra dello schieramento, per evitare lo scontro fra Guelfi e Ghibellini, e che sono stati ben raccontati sul Corriere da Monica Guerzoni. Credo che della sindrome da confronto televisivo si siano ammalati anche gli americani, bersagliati di continuo dai due contendenti Hillary e Donald, della serie non c’è limite al peggio. Ma loro per fortuna hanno una deadline certa, l’ 8 novembre, e se ne libereranno prima di noi. Così ha commentato Antonio Polito vedendo la formazione a tre (Renzi, Madia, Calenda) schierata da Vespa. E Madia era la più in tema: camicetta abbottonata, scarpa da suora, capelli al solito.