Corriere della Sera - Sette

Dirigista. Anche grazie alle pressioni populiste

-

Ècambiata la stagione; e non è cosa da poco. Almeno trent’anni di mondo che si liberalizz­ava e si globalizza­va sono arrivati alla conclusion­e, o forse è più corretto dire che le tendenze iniziate con le elezioni di Margaret Thatcher nel 1979 e di Ronald Reagan nel 1980 sono sotto un duro assedio. Di certo, ci sono forze al lavoro che stanno trasforman­do l’economia globale da libera a gestita, in qualche modo amministra­ta dai governi e dai regolatori. Un po’ come negli Anni Settanta. Fino a dove arriverà questo nuovo impulso dirigista è difficile dire: i sedimenti di tre decenni di mercato quasi libero lasceranno i loro segni, funzionerà un effetto di isteresi, una persistenz­a degli anni precedenti come quando una molla tirata oltre un certo limite non torna allo stato iniziale. Non si cancellerà tutto. Ciò nonostante, il cambiament­o in corso è profondo e repentino. In generale, gran parte dei governi sta reagendo alla pressione di movimenti populisti e spesso illiberali con politiche di chiusura in economia. Le liberalizz­azioni del commercio internazio­nale sono sostituite da una crescita delle misure protezioni­ste. Le acquisizio­ni di imprese da parte di aziende straniere sono sempre più spesso frenate. I modelli di capitalism­o chiusi e diretti dai governi, come quelli cinese e russo, attraggono sempre più Paesi. L’idea che dai rallentame­nti alla crescita economica provocati dalla Grande Crisi si esca con uno Stato più interventi­sta e sempre più protagonis­ta dell’economia conquistan­o spazio ogni giorno, anche tra quei governi, quegli accademici e quei media da cui non ce lo si sarebbe aspettato. Il dibattito sulle diseguagli­anze sociali è usato più che per debellare la povertà per giustifica­re interventi pubblici che frenano la produzione di ricchezza. Le politiche sull’immigrazio­ne diventano ragioni per chiudere le frontiere oltre il giustifica­bile. Probabilme­nte, i populisti di oggi, da Trump alla signora Le Pen, non vinceranno le elezioni. E sarà difficile fare credere ai cittadini occidental­i che i modelli cinese e russo producono risultati migliori. Rispetto agli Anni Settanta, gli Stati hanno molto meno spazio di spesa, visti gli alti debiti pubblici. E trent’anni di crescita dei redditi e di crollo della povertà globale sono una forza destinata a produrre un’isteresi significat­iva, a restare in nella memoria e a influenzar­e i comportame­nti. Stiamo però andando verso un mondo più illiberale, chiuso, diviso. E più pericoloso. Presentat’arm dell’esercito cinese davanti al presidente Xi Jinping (e a quello tedesco Joachim Gauck): il modello di capitalism­o chiuso, come quello cinese o russo, avanza. @ danilotain­o

 ??  ?? Quanto piace il governo forte
Quanto piace il governo forte

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy