L’insegnante di lettura
Bisogna istituire una nuova figura, che consegni l’amore per i libri
Il nuovo dio della riuscita o del successo non guarda certo il pedigree di buone letture » , commenta ironico Davide Rondoni, del cui libro, Contro la letteratura ( Bompiani), abbiamo già parlato nelle precedenti quattro puntate della rubrica. Così, oggi « la letteratura viene ridotta a un campo coltivato da anime belle » o cerca disperatamente di camuffarsi da scienza ( cfr. le varie analisi testuali nelle antologie scolastiche). Ma, sostiene con energia Rondoni, « la poesia e la narrativa sono roba che scotta. Parole che incendiano » . Che toccano l’anima ( per chi ancora ce l’ha). Che mettono insegnante e ragazzi di fronte al senso della propria esistenza. « Che provocano un movimento d’amore e di stupore » . Basti leggere Dante o Leopardi o Montale, non per « definirli » , ma per iniziare a prenderli con noi, a scoprire il loro segreto. Per contro oggi, chiosa ancora Rondoni, la scuola bada soprattutto alle abilità standard, non si interessa ( soprattutto agli esami di maturità) del « coinvolgente rischio dell’interpretazione » , del rapporto personale fra lo studente e il testo. Certo ( condivido del tutto il pensiero di Davide), l’insegnante di letteratura « dev’essere bravo come un attore » e « trascinante » . Ce ne sono ancora oggi in giro? Qualcuno, pochi. Chi coltiva ancora, in classe, quella magnifica esperienza che è la lettura ad alta voce di una poesia o di un racconto? Per i ragazzi, è « la seduzione dell’ascolto » . A patto che l’insegnante sappia leggere bene. Se no, aggiunge Rondoni, cambi mestiere. E guai all’insopportabile vezzo di oggi – insiste –: irridere la grandezza. Sminuirla. O irridere « la sete di felicità che trema e spinge in ogni essere umano » , e che ritroviamo nella grande letteratura. Certo, in classe possiamo, di fronte a un testo, intraprendere analisi sociologiche, o etiche, ma si tratta di addenda. L’arte ( si pensi a uno dei più grandi poeti, Baudelaire), « non ha per fine la moralizzazione » .
Svegliare il demone. Ma vuole « esprimere la vita senza censure e rendendo il massimo di intensità del visibile e dell’invisibile » . E la poesia? « La poesia è demone che lascia senza parole » . Sicché, conclude, se è necessario che uno studente sappia almeno a grandi linee la storia della letteratura nazionale, il problema si presenta di fronte a un’attività di educazione alla lettura e all’interpretazione dei testi. Bene, dopo un tirocinio iniziale destinato a tutta la classe, sia il ragazzo a decidere se continuare o approfondire altre materie curriculari obbligatorie. Perché non tutti sono sensibili al daimon. E qui parte la proposta di Rondoni. Istituire un ordine di insegnanti di lettura, ben preparati dalle università o da altri soggetti pubblici; « lettori esperti capaci di invitare al viaggio i giovani lettori inesperti » . Utopia? Date le attuali metodiche vigenti nella scuola, temo di sì. Ma che almeno, aggiungo, nonostante l’impopolarità di cui gode oggi la lezione frontale, non scompaiano le figure di insegnanti- Maestri che trasmettano agli allievi la loro passione.