Badaling
fa si inerpicava su queste rovine William Edgar Geil, missionario americano appassionato di fotografia. Fu il primo uomo al mondo – cinesi inclusi – ad aver percorso la Grande Muraglia per tutta la sua lunghezza, dal 1907 al 1908. Realizzò un reportage che testimoniava lo stato della fortificazione. Cent’anni dopo il fotoreporter inglese William Lindesay ha ripetuto l’impresa. Lindesay ha percorso più di a piedi lungo la Grande Muraglia. La sua prima scoperta: «Per metà del percorso la Grande Muraglia è invisibile, non riuscivo più a scoprirne neanche le tracce remote». Ad esempio un maestoso torrione fotografato da Geil nella provincia dello Hebei a est di Pechino, era scomparso. Lunghi tratti della fortificazione antica ormai sono affiancati dalle autostrade o sommersi tra i palazzi, nella morsa di cemento delle città che si allargano. Un identico tratto della muraglia nel Gansu che nel 1910 Geil fotografò intatto per dieci chilometri, oggi nelle immagini di Lindesay è attraversato da due linee ferroviarie, l’autostrada 312, una strada statale, quindici strade sterrate, diciassette tralicci dell’alta tensione, un gasdotto.
A Badaling, una delle sezioni della cinta più vicine a Pechino, in una giornata media passeggiano sui contrafforti centomila visitatori. Tutt’intorno, continuano a spuntare hotel, ristoranti, megaparking per torpedoni, supermarket di ricordi.
Genetica
La Grande Muraglia è una barriera per la differenziazione genetica. L’università di Pechino ha esaminato campioni di Dna prelevati da sei specie di piante. La stessa specie è geneticamente differente se cresce da una parte o dall’altra del muro, alto 6 metri: risultano isolate le piante che sfruttano il vento per impollinarsi, a differenza di quelle impollinate dalle api.
«La grande muraglia non è tanto una difesa per tener fuori gli estranei quanto un recinto per tener dentro i propri simili»
—Bruce Chatwin