Corriere della Sera - Sette

Della quaglia?

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La vittoria di Donald Trump su Hillary Clinton ha spiazzato talmente la compagnia di giro internazio­nale che qualche sentore sembra essere arrivato anche nelle nostre pagine, con tutte quelle facce e reazioni sbalordite. Il linguaggio del corpo non mente e annuncia che il vento dell’Occidente fa i capricci e vira verso lidi che non piacciono a quelli che piacciono. Chissà, magari Donald Trump non piacerebbe neanche a noi, ma il birignao di chi la sa preventiva­mente più lunga non porta da nessuna parte. Le élite sorde e burocratic­he stanno tradendo se stesse e le speranze altrui. Meglio mettersi in ascolto e cercare di capire, affrontare la complessit­à, andando oltre gli slogan. Questo non vuol dire fare salti della quaglia e salire sul carro del vincitore, arte in cui si stanno esibendo in molti, buoni ultimi ma con gran clamore i grillini, che esaltano il fiuto di Donald il vincitore per i popoli umiliati e offesi. Un po’ sbertuccia­ti da chi su quel carro aveva tentato di salirci in tempi non sospetti, come Matteo Salvini che tra l’altro era volato il 25 aprile a Philadelph­ia per farsi fotografar­e con Trump con una familiarit­à che era stata subito disconosci­uta dal futuro presidente. O come Flavio Briatore, ammiratore e amico d’antan del tycoon americano, ora a sua volta corteggiat­issimo da tutti, persino pare dal premier Matteo Renzi, per le sue entrature nella nuova nomenclatu­ra degli Stati Uniti.

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