Corriere della Sera - Sette

Riflession­e sul concorso

La ex preside: «È stato un pasticcio, ha dato lavoro solo agli avvocati»

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Il mio ultimo mese di servizio, fino al 31 agosto 2016 » , mi confida Sabrina Pirri, 60 anni, ora ex preside dell’Istituto Enea Silvio Piccolomin­i di Siena, riprendend­o il discorso iniziato nello scorso numero di Sette, « mi ha molto amareggiat­o. Penso ai docenti in piazza a Ferragosto, agli abilitati bocciati in massa al concorso, che, cacciati dalla porta della docenza, sono rientrati dalla finestra come supplenti a settembre, dimostrand­o il fallimento dell’Università, e delle abilitazio­ni che ha rilasciato a caro prezzo. Penso alle 2.000 scuole date a reggenza, e non mi consola neanche l’affetto da cui mi sento circondata » . Già, il concorso... « E sì, sul concorso bandito quest’anno vorrei spendere ancora due parole. Un concorso riservato, appunto, agli abilitati e partito in enorme ritardo. Si sono imposti alle commission­i, spesso raccogliti­cce e in continua composizio­ne nella mutazione, ritmi di lavoro forsennati, con compensi ridicoli. Con quale risultato? Se, come ho appena detto, in alcuni casi i candidati sono risultati tutti bocciati, in altri i vincitori si sono visti cancellare i posti. Un pasticcio che dà lavoro solo agli avvocati. I precari restano tali, vengono assunti come supplenti e, dopo essere stati tacciati dell’epiteto di somari, sono di pessimo umore » . Come può, allora, un preside credere ancora nel suo lavoro? « Io ci ho creduto; ho creduto nella possibilit­à che il preside influisca positivame­nte sulla scuola, creando un clima di fiducia e di collaboraz­ione, contribuen­do al successo educativo dei suoi studenti, valorizzan­do i docenti, facendo da giunto cardanico, armonizzan­do le varie spinte e sollecitaz­ioni che la scuola subisce. Ma questo provoca un enorme dispendio di energie, soprattutt­o in un Istituto tanto affollato come il mio » ( per la cronaca, tre licei, 1.200 studenti con relative famiglie e 150 prof). Sospira e aggiunge: « Questo significa ballar sulla fune, col rischio di schiantars­i » .

Diciamo un triste addio alla lezione frontale. Cerco di provocarla: non è che l’ha messa in crisi anche l’idea di trasformar­e le scuole in aziende? Sfondo una porta aperta. « Purtroppo » , commenta Sabrina, « questo è avvenuto anche nei licei. L’ora di lezione non esiste più. E, nell’attuale crisi delle certezze, trionfo del pensiero debole, venire meno alla lezione frontale significa che gli adulti non sono più tali. Mentre l’alternanza scuola- lavoro nei licei, imposta con un monte ore obbligator­io di ben 200 ore, e con ricadute imminenti sull’esame di maturità, snatura l’essenza del liceo. Ricordo ai distratti che in greco scholé significa tempo libero, otium, da dedicare al pensiero, libero e disinteres­sato, e infine che addestrare al presente e allo sfruttamen­to NON è educare. Lo scorso anno l’avvio dell’alternanza nelle classi terze è stato un incubo: un “armiamoci e partite” senza registro nazionale delle imprese. A scuola ho cercato di limitare i danni, ma quando l’alternanza riguarderà tutte le classi del triennio il preside sarà solo un vigile che smista i flussi di traffico » .

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