Daolio
Conosciuto per i brani intellettuali, in un cofanetto ritroviamo un volto inedito della storica voce dei Nomadi, “comico” a Riccione
Augusto Daolio, primo cantante dei Nomadi, era un genio eclettico. Aveva abbandonato presto la scuola perché non sopportava quel clima omologante che si respirava in classe ed era cresciuto autodidatta. I Nomadi ( che esistono dal ‘ 63 e sono una delle band più longeve del mondo) dopo la sua prematura scomparsa, avvenuta nell’ottobre del ‘ 92, continuarono con altri cantanti solisti, aggiornando il loro stile, ma senza mai dimenticare gli esordi con le canzoni di Guccini, allora accreditato più come autore che come cantante. I Nomadi, come documenta il cofanetto I Nomadi 1965 1979 – diario di viaggio di Augusto e Beppe, appena pubblicato –, nacquero proprio dall’amicizia fra Daolio e Carletti. La visita mattutina di Augusto a casa di Beppe era una costante, un rito rassicurante. Sullo sfondo il paese di Novellara, la campagna, i valori assoluti della semplicità in un contesto puro e incontaminato. La vocazione di Daolio era quella di scrivere testi. La timbrica di Augusto era unica. Storicamente Daolio viene associato a canzoni scritte da Guccini per i Nomadi come Noi non ci saremo, Auschwitz, Dio è morto, Canzone per un’amica. Quindi un profilo abbastanza intellettuale. In realtà esiste anche un Daolio “leggero”. Appena adolescenti i Nomadi ebbero un contratto con un locale di Riccione gestito da una cittadina tedesca chiamato Frankfurter Caffè. Ma la sintonia col pubblico non decollava e stavano per essere licenziati. Così Augusto si fece rinchiudere in una custodia di basso trasformata in bara e se ne uscì cantando Dracula cha cha cha, una canzone cretina del momento che mandava in visibilio i turisti. Di questa versatilità si trova segno in uno degli inediti ritrovati negli archivi della EMI come Uomo di sole, un autoritratto di Augusto che ci porta in una dimensione surreale, che regala sensazioni profonde per l’impasto vocale, le armonie, il moog. alla Biennale di Venezia, al Science Museum di Londra, al Moma di New York. Due suoi progetti sono stati inclusi nella lista delle “migliori invenzioni dell’anno” dalla rivista Time ( 2007 e 2014). Il magazine Esquire lo ha inserito tra i Best & Brightest, le 50 persone che cambieranno il mondo. Proprietario di numerosi brevetti, è autore di più di 250 pubblicazioni.
Goethe affermava che «la musica è architettura liquida, l’architettura è musica congelata». Il suono e lo spazio costruito hanno, in effetti, un rapporto indissolubile e reciproco, che vede il primo propagarsi all’interno del secondo e mutare in base alle sue dimensioni, ai materiali, alle forme. Lo spazio, a sua volta, vive dei suoni che lo percorrono. Comporre musica significa costruire, e spesso lo si fa sulla base delle stesse regole dell’architettura e con le stesse matite “ben temperate”. Parlando di altri temperamenti, c’è poco da aggiungere al rigore quasi matematico, delle composizioni di Bach. Meglio ascoltare che scrivere. Anche perché, come diceva un altro saggio: «Scrivere di musica è come ballare di architettura».