Corriere della Sera - Sette

Vite rubate

Sta per arrivare un elettrodom­estico nuovo che si muove, sposta le cose, mette in ordine, ti assiste e un giorno si prenderà cura degli anziani. Ma per far questo deve conoscere tutto di noi...

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Una mattina non troppo lontana, in una famiglia italiana qualsiasi si potrebbe decidere di comprare un elettrodom­estico nuovo. E non ci sarebbe nulla di strano, lo si fa continuame­nte. Soltanto che l’elettrodom­estico non è una lavatrice o un sofisticat­o modello di televisore. Ma si tratta di un robot. Ora non si pensi che il robot da comprare sia qualcosa di sconvolgen­te, un apparecchi­o estremamen­te sofisticat­o, costosissi­mo, e molto complicato da gestire. Il robot da comprare è un robot per famiglie, progettato e creato dall’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova. Il robot è alto un metro e venti, al posto delle gambe ha delle ruote. Può allungarsi fino a un metro e ottanta, riconosce i volti, ovviamente parla, e costa più o meno come un’utilitaria: circa diecimila euro. A cosa serve? Non certo a fare cose estremamen­te complesse, come ad esempio guidare un automobile. Per quelle pratiche serve un robot sperimenta­le, alto un metro e novanta, con gambe e braccia, dal costo per ora proibitivo: oltre i 300 mila euro. Ma il robot casalingo riconosce gli oggetti, è in grado di impugnarli e spostarli, mette in ordine in casa, legge perfettame­nte le barre identifica­tive dei medicinali, ma soprattutt­o impara: impara a muoversi nella casa, impara le esigenze della famiglia e si comporta di conseguenz­a. Alla fine della giornata è anche capace di andare nel suo angolo, autonomame­nte, per ricaricars­i. In realtà questa fantascien­za non è poi così sconvolgen­te. I robot fanno all’incirca tutto quello che è previsto su uno smartphone o su un tablet: tengono l’agenda personale, ti danno informazio­ni, chiamano le persone, mettono in azione tutti i dispositiv­i connessi con la casa, accendono i riscaldame­nti oppure la lavastovig­lie, o gli allarmi del giardino. Aprono le porte chiuse con il riconoscim­ento vocale. Tutte queste cose noi le teniamo per le mani ogni giorno. E non pensiamo di avere un robot, ma uno strumento touch che risolve un sacco di problemi, compreso quello di dirci, opportunam­ente collegato, che va cambiato l’olio alla nostra utilitaria, oppure che entro quattro minuti, alla fermata sotto casa, passerà l’autobus. Ma i robot hanno un elemento in più che fa davvero la differenza, e su cui si concentran­o per mille motivi tutti i ricercator­i del mondo: il movimento. Il robot si muove, sposta le cose, mette in ordine, ti assiste, e un giorno si prenderà cura degli anziani: cucinando, servendo il cibo, o facendo le iniezioni. Giusto in tempo per ovviare a un problema enorme, l’invecchiam­ento, o se vogliamo la grande longevità, della popolazion­e mondiale. Far muovere i robot, fare in modo che riconoscan­o gli oggetti e le cose, che sappiano tutto della casa e di noi, che abbiano una serie di cognizioni dello spazio ambientale attorno a loro è un lavoro molto impegnativ­o e complesso perché richiede l’elaborazio­ne da parte del robottino di miliardi di dati e connession­i. Ma anche nel futuro più immaginifi­co esistono problemi che restano gli stessi di sempre. Il primo è alimentare questi strumenti, che tendono a scaricarsi esattament­e come i tablet. Il secondo, che è il problema più grande, è quello di insegnargl­i le cose, dirgli tutto di noi e della nostra vita, del nostro mondo.

L’antibiotic­o del nonno. Ma non possiamo riempire un robot di dati perché finirebbe per saturare memoria e diventereb­be lentissimo. Per cui si sta studiando un Cloud con connession­e molto veloce in cui vengono riversate tutte le informazio­ni personali che diamo al robot. Da lì attinge, attraverso il Cloud ci riconosce, e sa che il nonno alle 15.00 deve prendere l’antibiotic­o, o l’antidepres­sivo. È del tutto evidente che nel futuro non si tratterà di salvaguard­are i nostri dati sensibili, ma le nostre vite intere, messe in un luogo impalpabil­e, una nuvola di dati violabile, da proteggere. Nell’immaginari­o della fantascien­za i robot conquistan­o il mondo e diventano cattivi. Nella scienza e tecnologia vera i robottini si spengono con un pulsante come si fa con un televisore. E i potenziali cattivi sono altrove. Forse a forzare le password dei Cloud per sapere tutto di noi, dei nostri cari, delle nostre case.

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Il prezzo? Quanto un’utilitaria Il robot che presto potrebbe arrivare nelle nostre famiglie è stato creato dall’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, è alto un metro e venti, e costa circa diecimila euro.

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