Ci affezioniamo di più ai cani e ai gatti che alle persone. Non è giusto
So che adesso risulterò impopolare però voglio dirlo lo stesso. Ho letto la simpatica lettera di M.A., su Settedel 4 ottobre, quello in cui raccontava la fuga della sua gattina e il fatto che ci stava male come un uomo tradito. Per carità, cani e gatti ci fanno compagnia e va benissimo. Ma vedo che sempre più uomini e donne si affezionano agli animali e sempre meno alle altre persone. Qualche anno fa pensavo che si trattasse di una posizione etica: difendere gli animali deboli dalle cattiverie degli uomini, come il fatto che li abbandonano in autostrada o li usano come cavie. Però mi sto accorgendo che le attenzioni che riserviamo loro sono di più e più costanti di quelle che riserviamo ai figli, alle mogli o ai mariti. Non dico che vogliamo più bene ai gatti, ma vedo più carezze ai mici che alle compagne! (…)
—Rosetta (lettera firmata) Cara Rosetta, la mia sensazione è che questo progressivo attaccamento agli animali sia dovuto anche al fatto che in molte coppie senza figli o in case di anziani soli siano ormai parte della famiglia in tutti i sensi. Tempo fa un’amica, sposata e senza discendenza, mi confidava che per lei e Sandro « la gatta era davvero una figlia » . Lei però parla specificamente di « dimostrazioni di affetto » : siamo più espansivi con loro che con mariti, mogli, prole. Posso rispondere citando un dipinto? Nella Venere di Urbino ( 1538) Tiziano dipinse una seducente donna ( sposata) che, nuda, guarda negli occhi lo spettatore. Accanto, le mise un cagnolino, simbolo di fedeltà, come per diminuire la carica erotica dell’opera, anche perché era destinata alla sposa del ricco e nobile acquirente. Cani e gatti ci sono indiscutibilmente fedeli ( o almeno così pensiamo noi) cosa di cui abbiamo molto bisogno di questi tempi liquidi.