L’infelicità è una bugia?
Ho letto da qualche parte che tante felicità singole possono fare la felicità di un’intera epoca. Vale anche il contrario: tante infelicità singole stanno plasmando la nostra infelice epoca. La domanda da porsi è: abbiamo davveromotivo di proclamarci più infelici rispetto ad altri periodi storici, oppure la “percezione” è creata ad arte per mostrarci solo il lato grigio della realtà? E da chi? A chi giova? Facciamo alcuni esempi: se si leggono i dati ufficiali, la criminalità a Milano risulta diminuita, però la gente non si è mai sentita così insicura; Donald Trump intercetta voti sull’onda della povertà in cui sono sprofondate decine di milioni di americani, eppure i dati di crescita e i livelli di disoccupazione sono migliorati durante la presidenza Obama. Questo per citare solo qualche statistica, tralasciando le bufale di cui la Rete si nutre e rilancia all’infinito orientando le decisioni di chi dovrà esprimere il proprio voto. È l’establishment ( oggi il demonio) a falsare le informazioni o il Grande fratello digitale che ci turlupina? Gli Oxford Dictionaries hanno risposto eleggendo posttruth, letteralmente post-verità ( nella sostanza menzogna), “parola internazionale dell’anno” e battezzando la nostra come l’epoca della bugia: i fatti oggettivi non interessano più all’opinione pubblica ormai sensibile solo agli appelli emotivi e alle convinzioni personali anche se non hanno fondamento. Fino a qualche tempo fa potevamo immaginare che dietro agli algoritmi dei motori di ricerca ci fosse qualche azienda interessata a promuovere il proprio prodotto. E probabilmente era così. Ma verificata l’efficacia del meccanismo, il gioco si è fatto pericoloso: se si può facilmente orientare l’opinione pubblica perché non farlo a fini di potere? Si legge sui giornali che Germania e Francia, prossime alle elezioni, temono che hacker russi possano influenzarle spandendo informazioni pilotate. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti ha sporto denuncia contro un’ipotetica giovane blogger che in realtà farebbe capo a ben altra entità interessata a far circolare calunnie per influenzare il voto al referendum italiano. Si disse che anche gli spread, le crisi finanziarie e le statistiche ufficiali servissero per incutere paura e far accettare qualsiasi sacrificio. Se così fosse, saremmo davvero sprofondati nella società della menzogna. In passato era davvero diverso? O semplicemente le bugie venivano pronunciate solo da chi deteneva il potere mentre oggi, grazie alla facilità delle comunicazioni, chiunque può farvi ricorso? Credo più alla seconda ipotesi: la bugia si è democratizzata, oggi è a disposizione di tutti. Ma non è consolatorio: crea incertezza e infelicità e la somma di tante infelicità è una società infelice.
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