Corriere della Sera - Sette

Vorrei una giustizia dal volto più umano

«I miei dubbi sull’efficacia della pena e il mio dirigermi verso la nascono dall’incontro con le idee del gesuita tedesco»

- Di Salvatore Giannella

Caro Colombo, tra le relazioni al convegno di Forlì sulle colpe e la Storia ha colpito molto il suo intervento di ex magistrato di punta del pool Mani pulite sul perdono responsabi­le e sulle alternativ­e alle pene tradiziona­li. A me ha ricordato l’esperienza della riconcilia­zione nel Sudafrica dopo l’apartheid, percorso che ho ricostruit­o sul blog Giannella Channel. « I miei dubbi sull’efficacia della pena, e il mio dirigermi verso la riconcilia­zione, in linea con l’esperienza del Sudafrica, nascono dall’incontro con le idee di Eugen Wiesnet, un gesuita tedesco che, riflettend­o su dittature e totalitari­smi del ’ 900, ha affidato alle pagine di un affascinan­te libro la sua teoria sul male, che egli identifica con il rifiuto del riconoscim­ento del volto dell’altro, e la sua idea di come si ferma il male, evitando di restituirl­o perché si è riconosciu­to l’altro. Leggendo quel libro ho cominciato a nutrire dei dubbi sulla giustizia tradiziona­le, dubbi che prima si affacciava­no solo saltuariam­ente nella mia mente fin da quando, nel 1974, iniziai il mio cammino di giudice penale. Dubbi sulla funzione educatrice dell’imposizion­e della sofferenza e sull’attuale sistema carcerario, che non rispetta la dignità dell’essere umano: moltiplica il male, invece di fermarlo, e non garantisce la sicurezza del cittadino. Quei dubbi che mi si erano affacciati alla mente con le parole di Wiesnet ( che avevo conosciuto 12 anni fa grazie a un altro gesuita, Guido Bertagna, del Centro San Fedele di Milano), furono poi alimentati dalla lettura di altri saggi, come quello del seicentesc­o oppositore della tortura, Friedrich von Spee, e dall’amicizia con Silvano Fausti, anch’egli gesuita, biblista di eccezional­e umanità e di un pensiero profondiss­imo » . In un’Italia dove gli ideatori di stragi restano misteriosi e la violenza spesso esplode in forme insensate, auspica una riconcilia­zione nazionale sulla base dell’esperienza delle Commission­i per la verità del Sudafrica e carceri dal volto più umano… « Esatto. Il percorso riconcilia­tivo ( che possiamo sinteticam­ente descrivere come riconoscim­ento delle proprie responsabi­lità, acquisizio­ne della consapevol­ezza del male Dentro si trovano due culture, due lingue, due universi. Che si incontrano. Perché la differenza è nel modo di porsi, non di essere. Una bella riscoperta questo Figli di Un Dio minore teatrale, che sta girando l’Italia in una tournée fino in primavera. La sordità coinvolge tutti, udenti, sordi o ipoacusici. In scena e in platea, sul palco e sotto il palco mostrano due mondi che si fondono nelle differenze e si cercano nelle capacità, come deve essere. La storia è nota soprattutt­o per il film con William Hurt e Marlee Matlin, lei sorda, del 1986, dal testo teatrale di Mark Medoff dell’ 80. Anche qui ci sono attori udenti e sordi In alto, Gherardo Colombo. Qui sopra, Eugen Wiesnet (1941-1983).

Gherardo Colombo sceglie Eugen Wiesnet

agito, riparazion­e della vittima) serve a fermare il male invece di moltiplica­rlo, al contrario di quel che succede con l’infliggere una pena » .

Indichi un modello di carcere virtuoso.

« In Europa segnalo il carcere norvegese di Halden in Norvegia. È talmente lontano dalla nostra idea di carcere che qui in tanti lo chiamerebb­ero albergo di lusso. Vi sono detenute circa 400 persone detenute in 157 mila metri quadrati, e le sezioni abitative non differisco­no di molto da una dimora dignitosa » . insieme. L’amore tra l’insegnante logopedist­a James e l’allieva Sarah, sorda, è pretesto per porre l’attenzione su quella minoranza invisibile mostrando come universi comunicati­vi separati si conoscano e magari confluisca­no. In oltre trent’anni le cose sono più che migliorate, ma la strada che resta è tanta e da fare. Uno spettacolo come questo aiuta. Per realizzarl­o ci sono stati collaboraz­ione e seminari con l’Istituto dei sordi di Roma. Sarah e James con la loro relazione e quello che sta loro attorno sono strumento per portare una grande verità: « Ci possiamo incontrare, ma tutti dobbiamo andare verso l’altro » .

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Campioni d’umanità
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