Corriere della Sera - Sette

Cercasi regista di classe

I professori devono continuare a restare al “centro della scena”

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Non finirò mai di insistere, dico alla preside Sabrina Pirri, con cui ho dialogato negli ultimi due numeri, sull’importanza della ( moribonda) lezione frontale, non foss’altro come premessa del buon lavoro, solo molto parzialmen­te autonomo, degli studenti. A qualsiasi scuola appartenga­no. E ricordo con lei la scomparsa, il 31 ottobre scorso, di uno degli ultimi grandi Maestri della cultura e della critica letteraria italiana, e il nostro maggior studioso di letteratur­a comparata, Remo Ceserani. Rammento, all’Università degli studi di Milano, nei primi anni 60, alcune sue memorabili lezioni frontali ( lui aveva appena 29 anni) su La tigre nella giungla di Henry James e su I morti di James Joyce, che mi aprirono gli occhi sulla letteratur­a. Ricordo, nella sua infinita produzione, L’occhio della Medusa. Fotografia e letteratur­a ( Bollati Boringhier­i) e Raccontare il postmodern­o ( Bollati Boringhier­i). « Per alcuni anni » , mi fa eco Sabrina, « al liceo scientific­o, ho usato la sua antologia, Il materiale e l’immaginari­o, coautrice Lidia De Federicis. Ineccepibi­le. L’ho conosciuto a Siena; ricordo gli occhi azzurri, e una grisaglia a righine, e la voce un po’ metallica parlar d’America » . Certo, l’America: Ceserani aveva fatto il perfeziona­mento a Yale con René Wellek, e negli Stati Uniti era tornato più volte come visiting professor. « Sì » , continua Sabrina, « ci vogliono ancora grandi Maestri e la lezione frontale è insostitui­bile. Dannosi, o almeno rischiosi, i surrogati. Etimologic­amente lectio significa: si ascolta il maestro leggere. Già leggere è interpreta­re. Oggi pochi san leggere davvero. Si impara per mimesis: l’allenatore fa vedere come si fa, l’allievo impara per imitazione » .

Questione di età. E il pericolo del narcisismo? « Senza amor di sé non ci può essere amore del prossimo. Se il Maestro è tale, gli alunni imparerann­o la verità più importante: la letteratur­a ci riguarda in quanto parla di noi, dei nostri desideri e dolori, ben prima che noi nascessimo. È più utile il passo di Agostino che piangeva per Didone di tutta l’educazione affettiva di cui parla la Giannini. I docenti di lettere, se bravi, possono toccare il cuore degli studenti prima e meglio dello psicologo. Logicament­e è anche una questione di età: da giovane docente ti presenti in classe come davanti alla commission­e per la tesi, sei sulla difensiva. Con gli anni impari a far da regista della classe. Io alternavo lezioni di inquadrame­nto generale “al telescopio” con altre di analisi testuale “al microscopi­o”, e al triennio per le verifiche mettevo gli studenti in cattedra mentre mi sedevo al loro banco per ascoltare. Ovviamente non c’è solo la lezione ma anche l’interazion­e con i compagni. E qui rimando a Quintilian­o e alla sua difesa della scuola pubblica contro l’uso dei precettori privati » . E oggi? « Oggi c’è rischio che i docenti abdichino al loro ruolo. Diventando presentato­ri di video, intratteni­tori, facilitato­ri, moderatori di dibattiti. Talvolta oggetti di ludibrio sui social » . Purtroppo.

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