Sognando macchine intelligenti
Quando nel 1981 i giapponesi annunciavano il progetto per un computer di quinta generazione propagandavano con enfasi la sua futura capacità: elaborare conoscenza. Era ed è il sogno della computer science da quando il matematico britannico Alan Turing nel 1950 sosteneva la possibilità di costruire macchine intelligenti. Sei anni dopo, un altro matematico, statunitense questa volta, John McCarthy coniava l’espressione Artificial Intelligence. Da allora il sogno continua. L’obiettivo giapponese è rimasto ancora da raggiungere nonostante i notevoli passi compiuti. Oggi ci sono supercomputer che aiutano a progettare farmaci e automobili, a simulare viaggi tra i pianeti e in qualche caso ad affrontare anche sedute psicoterapiche. Ma come sostiene John E.Kelly III vicepresidente del centro di ricerca dell’Ibm in questo libro (con prefazione di Massimo Sideri), i computer sono limitati dalla logica di programmazione con cui lavorano inventata ancora negli anni 40 da John von Neumann. Ma per affrontare l’era dei Big Data nella quale siamo immersi occorre un balzo nella concezione e non più un potenziamento dell’esistente. Interessanti sono le prospettive future.