Corriere della Sera - Sette

Referendar­ie

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Gli spiriti cangianti e incerti del mondo occidental­e sono ben rappresent­ati dalle espression­i di queste pagine. Theresa May, la premier inglese, smesso l’abito scarlatto e rubizzo della scorsa settimana, torna alle smorfie dolenti che la trasfigura­no, e ne ha ben motivo, vista la predilezio­ne sfrontata che il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump ha dimostrato per il leader dell’Ukip Nigel Farage, fanatico di una Brexit intransige­nte, invitandol­o a Manhattan con tutti gli onori e quasi candidando­lo con un tweet ad ambasciato­re negli Stati Uniti un po’ irritualme­nte e con palese scavalco della sovranità britannica. E che dire di due protagonis­ti nostrani, come Pier Luigi Bersani e Fedele Confalonie­ri, anche loro per motivi diversi tramortiti dalle incognite del referendum costituzio­nale? Al primo non vengono ormai bene neppure le battute che ne avevano fatto un idolo crozziano: ultima, I No che aiutano a crescere, un po’ fiacchina e speriamo che non si riveli macabra; mentre il secondo è costretto a stare dietro alle pirotecnic­he piroette dell’amico di gioventù Berlusca, che prima dice che la sua azienda Mediaset, di cui Confalonie­ri è presidente, è costretta a stare dalla parte del Sì facendo balenare ritorsioni governativ­e, e poi ritratta pentito, con la velocità del suono.

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