Il Davos Man Che fine farà L’uomo che celebra l’economia globale e il capitalismo senza frontiere è in crisi. Ma qualcun altro potrebbe prendere il suo posto. E non è detto che sia migliore
hi è, oggi, più in crisi del Davos Man? Dell’uomo ricco, influente, occidentale, per lo più americano, top manager o economista, che ogni anno si incontra con i suoi pari nella cittadina delle Alpi svizzere per celebrare, oltre a se stesso, l’economia globale e il capitalismo senza frontiere? Era contro Trump, era contro la Brexit, era per la libertà del commercio internazionale, era per l’economia di internet. Il 2016 sembra avergli sottratto tutto questo. È l’élite, la classe dirigente globale, che per decenni ha guidato il mondo, ha dato forma al potere. Spesso più influente di un primo ministro, a gennaio arrivava a Davos all’Economic Forum con la “moglie trofeo” ( definizione di Paul Krugman che sulle Alpi non metteva piede), incontrava altri Davos Men e assieme tracciavano il programma dell’anno. Non è più così. Le élite economiche e finanziarie non sono più le signore dell’universo, coloro che muovono tutto. La geopolitica è diventata il fattore più importante nella determinazione di quel che accade nel mondo. La politica ha ripreso il sopravvento su finanzieri, economisti e banchieri centrali. È unmovimento populista che cresce nei sondaggi a muovere i mercati, oggi, più di quanto non lo faccia la Fed americana. È una telefonata tra Donald Trump e Vladimir Putin in cui si prospetta un
Caccordo tra potenze nucleari a tracciare i possibili scenari per l’Europa, ancora più di un bilancio pubblico fuori controllo. È la caduta del governo italiano a fare vacillare le banche. È l’elezione del presidente americano a mettere in discussione gli accordi commerciali del Pacifico e dell’Atlantico, più che il loro merito. L’Uomo di Davos è spinto ai margini. La storia, però, non finisce qui. Davos, infatti, sembra non volere tramontare. E se il simbolo della globalizzazione americana dei decenni scorsi, appunto il Davos Man, fa un passo indietro, c’è chi è prontissimo a prenderne il posto. All’Economic Forum di gennaio, ci sarà Xi Jinping, la prima volta di un presidente cinese. Se l’America di Trump farà un passo indietro, se rinuncerà ad aprire i commerci, come ha già annunciato nell’area del Pacifico, Pechino è pronta a prendere il suo posto, a mostrarsi come il paladino della seconda fase della globalizzazione, quella non universale, frammentata in diversi blocchi regionali e soprattutto organizzata su regole probabilmente non condivise in modo multilaterale ma imposte dal più forte. Per quanto arrogante, l’Uomo di Davos potrebbe mancarci.
@ danilotaino Se l’America rinuncerà ad aprire i commerci, come ha già annunciato nell’area del Pacifico, Pechino è pronta a prendere il suo posto, a mostrarsi come il paladino della seconda fase della globalizzazione.