Giuseppe Pollicelli
Criminale” che piaceva anche a Dino Buzzati
e ben ricordo, la prima volta che Diabolik ha catturato la mia attenzione è stato a metà degli anni Ottanta. Avevo undici o dodici anni e i fumetti già mi piacevano da un pezzo. Solo che allora il mio interesse era quasi esclusivamente rivolto ai personaggi della Bonelli. Diabolik lo conoscevo, ma non lo avevo ancora mai letto. E soprattutto non mi attirava. Cosa mi colpì, trent’anni fa, del ladro in calzamaglia nera? Il fatto che ne vidi un paio di albi poggiati sul comodino della camera da letto dei genitori di un mio compagno delle medie. E il comodino era quello della madre. Già era strano, per me, che un genitore leggesse dei fumetti: che a farlo fosse una madre mi sembrò una vera e propria stravaganza. Nella mia testa di ragazzino - ma non era una convinzione così peregrina, all’epoca - i fumetti potevano piacere esclusivamente ai maschi, a meno che non si trattasse di quelli Disney. Diabolik, viceversa, piaceva a una donna adulta che per di più era madre. Ne presi atto, rinviando a un prossimo futuro la ricerca di una spiegazione alla faccenda. Di lì a non molto, ad ogni modo, acquistai e lessi i miei primi episodi del Re del Terrore. Sul frontespizio di ogni numero era riportata una laconica informazione: « Diabolik il giallo a fumetti. Di A. e
SL. Giussani » . Siccome lo stile con cui erano realizzate graficamente le varie avventure differiva abbastanza da numero a numero, intuii che questi A. e L. Giussani non dovevano essere i disegnatori di Diabolik ( non gli unici, perlomeno), quanto piuttosto i suoi creatori, coloro che ne scrivevano le storie. Nelle quali comparivano numerose donne, molte di più che nelle serie della Bonelli. Negli albi di Diabolik, poi, di donna ce n’era una che aveva un ruolo importantissimo, addirittura di coprotagonista. Il suo nome era Eva Kant ed era la compagna di vita, e complice di furti, dell’inafferrabile criminale titolare della collana. Nel fumetto italiano, quantomeno in quello seriale a larga diffusione, una donna che risultasse così tanto e così spesso decisiva nell’economia di un racconto non la si era mai vista. Questa era probabilmente una delle ragioni per cui la madre del mio amico apprezzava Diabolik. Dopo un po’ di tempo appresi però una cosa ancora più importante: A. e L. Giussani non erano uomini, madonne. Due sorelle, per la precisione, i cui nomi erano Angela e Luciana. La passione per Diabolik della madre del mio amico, benché non ne avessi ancora messo a fuoco tutti i motivi, andava così attenuando i suoi tratti di eccezionalità. A rivelarmisi come assolutamente eccezio-
Le due figlie di un invalido di guerra si ispirarono a Fantômas per creare il fascinoso ladro