Corriere della Sera - Sette

Scelgo l’autoformaz­ione

Ecco la storia di Patrizia che da sola impara il giapponese

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Imparare, imparare. Questa è sempre stata la mia grande passione » , mi spiega Patrizia F., di cui abbiamo già parlato nello scorso numero. « Fin dalle elementari mi mettevo in un posticino a leggere, mentre i miei coetanei correvano in cortile. Mi affascinav­a qualsiasi cosa riguardass­e la Preistoria, la Storia, la Mitologia, ma anche gli estratti di libri che le mie maestre sceglievan­o per noi » . Già, un tempo ( ma forse anche ora), la nostra scuola elementare aveva fama di essere tra le migliori del mondo. Patrizia è ancora giovane, ma noi “antichi” rimpiangia­mo ancor più quella scuola, la sua ricchezza di metodi, la voglia dei maestri di spendersi per gli alunni, e la ricordiamo con gratitudin­e. Immagino che Patrizia abbia incontrato qualche insegnante che l’abbia formata. Non basta più, oggi, la scintilla individual­e, o la tradizione della famiglia. « Sì, ho avuto la fortuna di avere anche dei maestri e dei professori veramente competenti, sia alle elementari che alle medie. Se ho appreso a esprimermi correttame­nte lo devo al mio esimio professor Borroni, che mi ha sempre ricordato, per la pacatezza dei modi, il maestro Perboni di deamicisia­na memoria. E anche da adolescent­e non sono riuscita a togliermi di dosso questa bulimica voglia di imparare. Ho sviluppato una curiosità particolar­e per il giapponese. Forse il mio pallino era dovuto ai cartoni animati che quando ero piccola avevano invaso la tivù. Non mi davo pace: quando comparivan­o i nomi dei robot scritti in giapponese dovevo riuscire a leggerli. Alla fine, terminate le scuole superiori, avevo imparato a leggere e a scrivere quella lingua, utilizzand­o solo qualche manga, al tempo cosa rarissima, trovato chissà come » .

Il mare delle incertezze. Un percorso di autoformaz­ione, insomma. MaPatrizia va oltre, e, terminate le scuole superiori, si iscrive all’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente di Milano ( Isiao), frequenta, e lì viene a conoscenza di una borsa di studio. Contro il parere dei compagni, convinti che, come sempre in casi del genere, il premio fosse già assegnato in partenza, lei ci prova. E vince. « Il sogno della mia vita si avverava e, senza pagare nemmeno un soldo, volo in Giappone a vivere in famiglia vicino a Osaka e a studiare in un college a Osaka. La lingua, quando sono arrivata lì, la sapevo già, ma fare un abbonament­o del treno tutto scritto in ideogrammi ti fa tornare a sentirti una bambina bisognosa di assistenza. I primi tempi non è stato affatto facile, poi mi abituo e infine torno in Italia tutta galvanizza­ta col mio bravo attestato, certa che tutte le aziende spalancher­anno le porte per me » . Non succede, nonostante la sua conoscenza del giapponese. Ma, « tornata a stare a galla nel mare di incertezze italico » , alla fine trova un posto fisso che non ha chiarament­e nulla a che fare con la sua preparazio­ne. Si alza alle 5.50, prende il treno per Milano. E, proprio sul treno dei pendolari, avviene la sua singolare, atipica esperienza che ha a che fare con l’insegnamen­to. Al prossimo numero.

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