1969
I giovani di allora credono realmente alla possibilità di veder cambiare il mondo, anche perché i segni ci sono proprio tutti. Si va e si torna dalla Luna così come si entra e si esce da scuola, occupandola. Un anno prima contestano la “Circolare Scaglia”, chiamata così perché voluta da Giovanni Battista Scaglia, ministro della Pubblica Istruzione del secondo governo Leone. Nel 1968 Scaglia limita collettivi ed assemblee studentesche con quanto ne deriva: ricordo una manifestazione plebiscitaria di “studenti e operai uniti nella lotta”, nell’autunno avanzato di quell’anno: partecipano le scuole di tutta Italia, assieme a universitari e lavoratori. La dimensione dell’evento sfugge nel momento in cui accade: le notizie viaggiano quasi esclusivamente con i canali ufficiali e ci si informa con radio, televisione e – soprattutto – con la stampa del giorno dopo. Ma esiste un passaparola ufficioso, costruito sulla telefonata di un amico lontano, raggiunto a sua volta da un altro amico ancora più lontano. Questo passaparola informa, creando il mito. “Ho sentito un mio amico di Milano… per strada c’erano migliaia di studenti!” dice il più attivo fra i compagni di classe, quello più impegnato, più informato, più corteggiato, più arrabbiato contro il potere e per questo più destinato a diventarne parte dirigente nei decenni a venire. A lui fanno eco in tanti riportando frammenti di verità lontane e perciò virate nell’epica del racconto del Sessantotto. Le decine di migliaia diventano milioni di ragazzi per strada a scandire slogan, anch’essi scolpiti in metrica e tramandati ai posteri. Accanto a quelli assimilabili al “Cantami o diva del Pelìde Achille / l’ira funesta che infiniti addusse / lutti agli Achei…” del tipo “Ce n’est qu’un début, continuons le combat!”, ne esistono altri più caserecci, tramandati meno, ma urlati al vento del cambiamento con la felicità e la passione di trasgredire le regole, marciando assieme a tanti altri. Ne ricordo uno dedicato proprio al povero Giovanni Battista Scaglia, colpevole di aver tentato di limitare la collettivite, sindrome contagiosa fra tutti noi giovani di allora, alla scoperta delle bellezze del collettivo. Lo slogan sempliciotto era “Alè, alè alè / Scaglia sul bidè”. Sembrava il massimo della trasgressione: per strada, saltando la scuola, magari per mano alla compagna di classe insfiorabile diversamente, tutti insieme a ingiuriare un