Corriere della Sera - Sette

Scrivere la lista degli eletti nelle segreterie dei partiti

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Perché il Mattarellu­m non si farà? Ma perché per i politici è una gigantesca seccatura. Bisogna vincere i collegi uninominal­i. Avere una faccia presentabi­le. Fare campagna elettorale, ma non con gli spot o i talk show; paese per paese, casa per casa. E poi collegi sicuri non ce ne sono più. Addio paracaduta­ti. Non è più come quando la destra faceva man bassa in Lombardia e in Veneto, la sinistra in Emilia e in Romagna; oggi, tranne qualche eccezione, i collegi sono contendibi­li. Del resto la sinistra ha perso Livorno, Perugia, Torino e si prepara a perdere Genova, mentre governa Catania, Bari, Vicenza, Treviso: dopo decenni di immobilism­o, l’elettorato italiano si è messo in moto. E questo complica maledettam­ente le cose. Vuoi mettere quant’è più comodo stilare la lista dei deputati nel chiuso delle segreterie dei partiti? Sento dire: il Mattarellu­m funziona con un sistema bipolare; ma ora i poli sono tre. Però il Mattarellu­m è già stato applicato in un contesto tripolare, in Italia, nel 1996, quando al Nord i poli erano in effetti tre: e l’Ulivo vinse in Veneto collegi con il 34%, staccando di un punticino la Lega e Forza Italia- An. E poi qualsiasi legge elettorale maggiorita­ria prevede una torsione. Nel 2005 i laburisti di Blair ebbero la maggioranz­a assoluta ai Comuni con il 35,2% dei voti – con i conservato­ri al 32,4 e i liberaldem­ocratici al 22 –, e a nessuno venne in mente che non fossero legittimat­i a governare. Nel 2010 i conservato­ri furono il primo partito ma senza maggioranz­a assoluta, e fecero un accordo con i liberaldem­ocratici; nel 2015 sono tornati a governare da soli. Ma il Regno Unito è un Paese serio; non cambia legge elettorale ogni due o tre anni, in base alle convenienz­e della maggioranz­a del momento. In Francia nel 2002 il presidente in carica Chirac ebbe al primo turno meno del 20%, e fu plebiscita­to al ballottagg­io ( contro Jean- Marie Le Pen) grazie alla sinistra che espiò la follia di aver disperso i voti tra postini trotzkisti e aspiranti rivoluzion­arie. Il presidente che i francesi eleggerann­o il prossimo 7 maggio con ogni probabilit­à non supererà il 25% al primo turno. Certo, il proporzion­ale puro non provoca torsioni. Ma rende impossibil­e governare. I cittadini votano i partiti, e consegnano loro tutto il potere. Ne derivano clientelis­mo e consociati­vismo. Voto di scambio e infiltrazi­one mafiose. Il ritorno al proporzion­ale sarebbe per l’Italia un disastro morale e politico; eppure è lì che si sta andando. C’è però un non detto. Un retropensi­ero. Pd e Forza Italia andranno ognuno per proprio conto e poi si metteranno d’accordo, per escludere Grillo e i radicali antieuro di destra e di sinistra. Che bella prospettiv­a: un governo che metta insieme il conte Gentiloni e il cavalier Berlusconi ( non credo che Renzi sia l’uomo giusto per guidare un’operazione del genere; anche se ormai non ci si può più stupire di nulla). Ma se il Pd vale il 30%, forse anche meno, e Forza Italia il 10, o poco di più, i numeri per governare non li hanno. Anche se ci fosse un premio di maggioranz­a, per conquistar­lo dovrebbero dichiarare l’alleanza prima; ma in tal caso resterebbe­ro molto lontani dalle percentual­i indicate dai sondaggi. E poi qualsiasi operazione chiarament­e concepita per tagliar fuori Grillo finirebbe per rafforzarl­o. I collegi uninominal­i sono un’altra cosa. Circa centomila elettori possono scegliere tra tre o quattro candidati, che saranno più forti se verranno designati con le primarie. Chi ha più voti vince, e diventa il deputato di quel collegio, di quella città, di quel quartiere. Se è bravo, onesto, competente, aperto al confronto, presente sul territorio, sarà rieletto; altrimenti sarà mandato a casa. Stabilità, e alternanza. Non a caso il Mattarellu­m ha fatto vincere il centrosini­stra nel 1996, il centrodest­ra nel 2001; ed entrambi hanno governato per l’intera legislatur­a. Certo, non è una legge perfetta. Anche se ormai negli ultimi giorni prima del voto si crea una tendenza chiara, è comunque possibile che nessuno dei tre poli abbia i numeri per governare. Si potrebbe trasformar­e la quota proporzion­ale ( per abolirla si organizzò un referendum: fu una valanga di sì, ma il quorum mancò per poche migliaia di voti) in un premio di maggioranz­a, conservand­o il diritto di tribuna. Ma non facciamoci illusioni: non lo faranno. I collegi uninominal­i danno potere agli elettori e lo tolgono ai partiti; e costringon­o a fatiche eccessive. E’ vero però che il maggiorita­rio non nasce dal nulla; nasce dalla volontà popolare. Al referendum che nel 1993 abolì il proporzion­ale votò il 77% degli elettori. Come si può pensare di tornare indietro? Silvio Berlusconi (a sinistra) e Paolo Gentiloni.

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