Lo dimostra, cifre alla mano, un confronto con l’anno 1944
Gente come me ha la responsabilità di aver contribuito ad abituare l’opinione pubblica a un esame della situazione di un Paese basata su dati transitori. Parliamo del deficit o del debito in un dato anno, del tasso di crescita dell’ultimo trimestre, della fiducia o dell’inflazione registrate il mese scorso. Trattiamo come sentenze definitive o pesanti indizi certe informazioni che nel lungo periodo valgono poco più di altrettante scritte sulla sabbia. In questa pausa per il passaggio da un anno all’altro, vorrei dunque provare per un attimo a rovesciare la prospettiva: cerco di ammaestrareme stesso a guardare solo i dati importanti nel lunghissimo periodo. Potremmo chiamarle le realtà- transatlantico, quelle che cambieranno rotta dopo lente, lunghe e tenaci manovre. Mi sono fatto aiutare, in questo proposito per l’anno nuovo, dalle informazioni storiche e demografiche raccolte dalle principali banche dati internazionali. Ci aiutano, guardando indietro, a capire chi siamo. La prima lezione che ne traggo è che non devono essere esattamente vere le spiegazioni di chi attribuisce il declino delle nascite in Italia alle pure e semplici difficoltà economiche. Non può essere solo la difficoltà di affrontare il mantenimento o la cura del figlio a far sì che le nascite nel Paese oggi siano così basse da minacciare di scendere, per la prima volta dall’inizio del XVIII secolo, al di sotto del mezzo milione di bambini l’anno. Lo fa pensare l’anno 1944. Chi è nato allora come Lila e Lenù, le protagoniste della saga dei romanzi di Elena Ferrante, è stato concepito nel pieno di una catastrofe. Le città bombardate, i razionamenti, la caduta del fascismo nel luglio dell’anno prima, la Repubblica di Salò e l’occupazione nazista. Nell’ultimo secolo, difficile pensare a un momento più difficile per desiderare un figlio. Eppure c’è qualcosa di simile e insieme di diverso, fra allora e oggi. In una popolazione residente in Italia di poco più di 43 milioni di abitanti nel 1943, vivevano nel Paese 10,45 milioni di donne nella fascia principale dell’età fertile compresa fra i 15 e i 44 anni. Questo è un punto di contatto fra quell’epoca e i nostri giorni perché anche oggi il numero di donne di queste età è molto simile: 10,90 milioni. Sono i comportamenti a essere radicalmente cambiati. Nel 1944 sono nati 814.746 bambini, nel 2016 molto probabilmente appena meno o appena più di mezzo milione. Il 1944, con buona parte dei concepimenti avvenuti nel realmente catastrofico 1943 - ossia probabilmente il peggiore anno per le popolazioni della penisola italiana dalle epidemie di peste bubbonica nel Medioevo - ha portato più nascite ( e, letteralmente, più vitalità) del mediocre e, a confronto, sonnolento 2016. Uno degli argomenti più usati per spiegare questi squilibri riguarda la mortalità dei bambini piccoli. Poiché in generazioni passate era molto più alta, le coppie tendevano a procreare di più. Senz’altro, la mortalità infantile si è enormemente ridotta. Per fortuna. Ma sulla base dei numeri disponibili, essa non sembra spiegare perché il 1944 superi così nettamente il 2016 in termini di fertilità. È vero che in questi anni in Italia muoiono pochi bambini durante il primo anno di vita: circa 1.600, su appunto mezzo milione di nuovi nati. Nel 1944 ne morirono 107 mila - un numero tragico - ma neanche questa differenza copre lo scarto di natalità fra i due anni. Peraltro, la mortalità infantile era già in rapida discesa persino durante la guerra ( ancora nel 1937 e nel 1938 era stata molto più alta) e per i bambini che superavano i loro primi dodici mesi registrava un crollo. Insomma, facciamo meno figli forse perché crediamo nel futuro meno di quegli italiani travolti dalla catastrofe bellica. Proprio gli anni attorno alla fine della guerra sarebbero stati gli ultimi, ad eccezione del 1964, nei quali in Italia sono nati più di un milione di bambini. Dopo abbiamo progressivamente perso la voglia - o il coraggio, o l’incoscienza - necessari per averne molti. Ma se i dati sul 1944 ci ricordano da dove veniamo, quelli sul 1989 ci dicono dove stiamo andando. Quando cadde il Muro di Berlino abitavano in Italia poco meno dei sessanta milioni di residenti attuali. Eppure vivevano nel Paese quasi due milioni di donne in età fertile in più e il loro numero da ora in poi non può che diminuire ancora. L’invecchiamento della popolazione sta minacciando di rinchiudere il Paese in una trappola demografica. È essenziale spezzarla e uscirne. Gli italiani del 1944 sono emersi con dignità da problemi molto peggiori. Nel 1944, un anno terribile per l’Italia, sono nati 814.746 bambini; nel 2016 circa mezzo milione.