Terribile monito di
Nel santo di Ribera, riapparso in una collezione di Fermo, tutto parla del Caravaggio. Soprattutto le mani forti e il viluppo dei panneggi
Del primo tempo di Jusepe de Ribera, questo San Paolo ( olio su tela, cm. 99x130), potente e risoluto, conferma la proposta avanzata da Gianni Papi nel 2002 e largamente condivisa dalla critica, di un’alta testimonianza di fedeltà caravaggesca del pittore spagnolo, ancor vivo Caravaggio, nel periodo documentato a Roma, tra il 1611 e il 1616. Fui il primo, nel 2005, a esporre nella mostra Caravaggio e l’Europa in Palazzo Reale a Milano, nella sezione dedicata a Ribera, tutti i quadri dell’ex Maestro del Giudizio di Salomone ( identificato come un pittore francese a Roma da Roberto Longhi, a partire dal dipinto eponimo della galleria Corsini), a fianco di alcune opere giovanili già assegnate a Ribera. L’eccezionale sequenza di capolavori appartenenti alla precoce produzione romana dell’artista aprì un nuovo, decisivo, capitolo, degli studi sul Seicento. Il primo, intransigente allievo di Caravaggio si rivela in una serie di apostoli, fra i quali quelli, per ironia della sorte, della Fondazione Longhi, e le sommamente realistiche allegorie dei cinque sensi ( Vista, Città di Messico, museo Franz Mayer; Gusto, Hartford, Wadsworth Atheneum; Olfatto, Madrid, coll. D. J. Abelló; Tatto, Pasadena, Norton Simon foundation; Udito, disperso, noto da copie) che dimostrano la sua piena, palmare adesione al naturalismo caravaggesco. Una potenza fisica che ritroviamo, anzitutto nell’Apostolo di Castello Ursino a Catania. Nel nuovo San Paolo, riapparso in una collezione di Fermo, e di cui si hanno notizie recenti solo nelle Marche, ma che difficilmente può essere stato dipinto altro che a Roma, tutto parla del Caravaggio, sia romano sia napoletano. Sembrano provarlo le mani forti e il viluppo dei panneggi. Mentre della intuizione luministica, prontamente rapita al maestro conosciuto febbrilmente nelle opere, se non addirittura, giovanissimo ( li separavano vent’anni), di persona, dà prova l’ombra del rotolo nella volitiva mano destra sul cartiglio, con il nome del Santo, tenuto dalla sinistra. Anche l’espressione del volto è determinata, severa ma vera, drammatica, ultimativa. Paolo sembra ammonire, come nella Lettera ai Romani: « In realtà l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato... Essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa... Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento. E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d’una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno, colmi come sono di ogni sorta di ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di rivalità, di frodi, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, oltraggiosi, superbi, fanfaroni, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa » . Questo traduce Ribera in pittura, questa sentenza e questa eloquenza; e, nel vederlo, ne sentiamo il terribile monito. Paulus servus.