Corriere della Sera - Sette

Clima

È la dotta teoria di un lettore che risale a 780 mila anni fa. Poi, una precisazio­ne sulla «procedura d’assoluzion­e del peccato d’aborto»

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Desidero rispondere a una serie di affermazio­ni fatte dal Signor Livio Gibertini in chiusura della sua lettera pubblicata su Settedel 16/12, che negano o distorcono fatti scientific­amente assodati da decenni. Innanzitut­to, l’orientamen­to del campo magnetico terrestre non influenza il clima del pianeta. Ad esempio l’ultima inversione del campo magnetico, il brevissimo evento Laschamp, è avvenuta circa 40 mila anni fa, nel corso dell’ultima glaciazion­e che poi è proseguita per altre migliaia di anni. D’altra parte, escluso l’evento Laschamp, il campo magnetico terrestre ha mantenuto lo stesso orientamen­to di oggi per gli ultimi 780 mila anni, eppure in questo periodo di tempo si sono comunque alternati numerosi periodi glaciali e interglaci­ali. È vero che le variazioni nella ellitticit­à dell’orbita terrestre, il moto di precession­e dell’asse terrestre e il cambiament­o ciclico della sua inclinazio­ne influenzan­o il clima della Terra, tuttavia i cambiament­i sono così piccoli che hanno effetto solo accumuland­osi nel corso di diverse migliaia di anni. Infatti, secondo i climatolog­i, l’alternanza di periodi glaciali freddi e interglaci­ali caldi susseguiti­si negli ultimi 2 milioni di anni è dovuta principalm­ente alle variazioni cicliche dei parametri orbitali terrestri, con periodo plurimille­nario. Peraltro, questo tipo di oscillazio­ni dei parametri astronomic­i è relativame­nte facile da calcolare, così da poter escludere il loro effetto sulle variazioni climatiche dell’ultimo secolo: già un secolo fa il geofisico Milutin Milankovit­ch fu in grado di fare questi conti a mano e poi correlò i parametri astronomic­i con le oscillazio­ni glaciali. Oggi la stessa procedura può essere rapidament­e eseguita da un normale personal computer, permettend­o di escluderne l’effetto sul clima nel breve periodo, mentre una variazione orbitale così importante e anomala da influenzar­e il clima nel giro di un secolo non sarebbe certamente passata inosservat­a. Nonostante il nome Groenlandi­a significhi “Terra Verde” ciò non è climaticam­ente significat­ivo, come non lo è il fatto che il nome Islanda significhi “Terra di Ghiaccio”: poiché non abbiamo nessuna informazio­ne sui motivi che hanno spinto Erik il Rosso nella scelta del nome Groenlandi­a, noi possiamo fare solo delle supposizio­ni al riguardo e dedurre da queste supposizio­ni che l’estensione di pascoli e ghiacciai nella Groenlandi­a medievale è pura fantasia. Comunque sia, il fatto che in passato il clima terrestre abbia alternato periodi caldi e freddi a prescinder­e dall’attività umana non preclude l’origine antropogen­ica del riscaldame­nto attuale: sarebbe come dire che siccome frane e alluvioni sono eventi normali in natura, l’uomo non ne può essere la causa. È noto, e sperimenta­lmente verificato, fin dal XIX secolo che alcuni gas presenti nell’atmosfera terrestre sono trasparent­i alla luce visibile in arrivo dal Sole ma assorbono la radiazione termica emessa dalla Terra verso lo spazio. I meccanismi con cui ciò avviene sono spiegati senza difficoltà dalle stesse leggi fisiche che ci permettono di costruire satelliti artificial­i, bombe nucleari e forni a microonde e sappiamo che l’effetto di questi gas è uno dei numerosi parametri che influenzan­o il clima della Terra e di qualunque corpo celeste dotato di atmosfera. Secondo i climatolog­i, nell’ultimo secolo questo parametro ha progressiv­amente aumentato la propria influenza sul clima perché è aumentata la concentraz­ione in atmosfera dei cosiddetti gas serra (dato sperimenta­lmente misurato). A sua volta, la concentraz­ione atmosferic­a dei gas serra è aumentata perché sono aumentate le emissioni antropogen­iche dovute alla combustion­e di combustibi­li fossili, che superano largamente tutte le fonti naturali (anche questi dati sono misurati sperimenta­lmente). Suggerirei quindi al Signor Gibertini di scegliere con più cura le proprie fonti di informazio­ne, prima di rigettare come semplice espression­e del senso di colpa dell’Occidente una teoria scientific­a sostenuta, pur con le inevitabil­i divergenze di vedute sui dettagli, da gran parte dei ricercator­i esperti in materia (ovvero studiosi competenti in questo specifico campo d’indagine e che se ne occupano a livello profession­ale), suffragata da una grande quantità di dati sperimenta­li e in accordo con le conoscenze accumulate durante due secoli di ricerche in svariati campi della scienza. — Paolo Sudiro

La motivazion­e addotta dall’autore della Lettera Apostolica per giustifica­re azione legislativ­a modificant­e la procedura d’assoluzion­e del peccato d’aborto, ossia il principio secondo cui «Non esiste peccato che la misericord­ia di Dio non possa raggiunger­e», è senz’altro erronea: la ragione prima per cui, sull’aborto, finora s’è evitato d’agire ordinariam­ente come Papa Francesco vorrebbe, non è di natura teologica ma intellettu­ale, poiché al principio di qualsiasi disciplina sanzionato­ria è la necessità di realizzare la distinzion­e tra l’idea di peccato e quella di delitto, attenendo l’una all’ordine morale, l’altra a quello giuridico; un sicuro effetto dell’annunciata semplifica­zione normativa sarà perciò quello di ridurre la conoscibil­ità dell’aborto nella dimensione delittuosa che tuttora possiede, effetto tanto più critico quanto più si ribadisse che è bene conservare tale dimensione. Non meno confusamen­te ci sembra - e da tempo assai più remoto - essere concepita la ragione ultima, lo scopo della sanzione che è la scomunica; ebbene, quantunque fosse dubitabile che Jorge Mario Bergoglio passerà alla storia per statura intellettu­ale, nondimeno questi potrebbe inconsapev­olmente aver sollevato un problema che certa intellighe­nzia clericale tanto più pare voler eludere, quanto più insiste sull’aver Papa Francesco ribadito essere l’aborto un grave peccato; ché ciò può servire solo a tener buona folta schiera di stupidi benpensant­i ed ipocriti baciapile: il Papa ha forse ribadito che l’aborto è un grave delitto contro la vita e la libertà dell’uomo, o ha egli ribadito che l’aborto è sì grave delitto da meritare ancor la pena medicinale più severa? Del resto, è possibile significar­e l’ingiustizi­a della legislazio­ne attuale evidenzian­do arcinoto paradosso: per l’omicidio, delitto generalmen­te assai più grave dell’aborto, la scomunica è canonicame­nte prevista solo nel caso speciale in cui la vittima sia il Romano Pontefice?

— Enrico Tomassetti

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