Corriere della Sera - Sette

Il giardino verticale su 27 chilometri di tangenzial­e

A Città del Messico hanno risposto così alla “sfida” dello smog: rendendo verdi i piloni della viabilità con un progetto “dal basso”

- Di Edoardo Vigna

Il progetto Via Verde imposto dalle firme “social” di 80 mila abitanti

piantato

ASydney, l’allarme inquinamen­to è massimo ( anche a causa della loro attuale estate particolar­mente bollente). Per ripulire l’atmosfera, il sindaco di Parigi Anne Hidalgo ha appena svelato un piano di pedonalizz­azione di metà della città, sulla scia di Madrid, che sta anche preparando­si a mettere sul tetto degli autobus cittadini dei veri propri giardini in funzione “green”. Da Varsavia in giù, poi, ben 33 città della Polonia sono fra i 50 centro europei dall’aria più irrespirab­ile. Intanto Pechino ha appena varato una “Smog Police”, un’unità di sicurezza che dovrà dare la caccia a chi, tra barbecue e falò per l’immondizia, non si preoccupa di ammorbare l’atmosfera. Riscaldame­nto globale a parte, la diffusione dell’inquinamen­to è un problema planetario che peggiora ogni giorno. Fra le metropoli che stanno cercando di trovare risposte significat­ive c’è senz’altro Città del Messico. Che ha dato vita alla cosiddetta “Via Verde”: un piano con cui sono stati ricoperti di piante ben 1.000 piloni di strade e superstrad­e creando un “giardino verticale” lungo più di 27 chilometri. Un progetto più complesso di quanto sembri: ad arrampicar­si sul cemento delle sopraeleva­te che s’incrociano nella città non sono rampicanti con radici a terra ma piccoli arbusti ciascuno con la propria radice e il proprio terriccio inseriti in un reticolo di tasche di tessuto. Un sistema di irrigazion­e, monitorato e telecomand­ato, che riutilizza l’acqua piovana, rende il sistema autosuffic­iente. Via Verde ha una doppia funzione: produrre ossigeno e ripulire l’atmosfera dal particolat­o. Oggi riesce a dare aria pulita a 25 mila Un’immagine del progetto Via Verde a Città del Messico: c’è chi chiede di copiarlo subito in India. cittadini, filtrando 27 mila tonnellate di gas ed eliminando in un anno 10 mila chili di metalli pesanti. Per Città del Messico, che negli Anni 90 era senza dubbio la città più inquinata del mondo, e dove ancora 6 abitanti su 10 lamentano problemi respirator­i, è un notevole passo avanti, promosso per di più dai cittadini: il direttore del progetto, l’architetto Fernando Ortiz Monasterio, con il noto attore- produttore Luis Gerardo Mendez, sono riusciti a convincere l’amministra­zione della capitale messicana raccoglien­do 80 mila sostenitor­i, sfruttando la loro fama attraverso Twitter e la piattaform­a di petizioni online Change. org. Ora c’è chi, altrove, vorrebbe imitare al più presto il progetto: in India, a Delhi in particolar­e, ma anche in altre metropoli, dove l’inquinamen­to è altrettant­o grave e le strade sono piene di piloni, l’appello a copiare Via Verde sta convincend­o sempre più cittadini.

Cosa c’è ad Amsterdam dopo il “fumo” La chiusura – a fine anno – del più vecchio coffeeshop di Amsterdam ( era aperto dal 1967) è in realtà solo la punta dell’iceberg. Negli ultimi 20 anni, infatti, il numero dei locali che hanno iniziato alle droghe leggere milioni di olandesi e di turisti stranieri, è passato da 350 a 167. La regola più recen- te che sta portando la chiusura dei locali ( come, appunto, il Mellow Yellow) in cui vendita e consumo di “fumo” sono legali – cioè il divieto di apertura a meno di 250 metri dalle scuole – in realtà risponde a una politica più restrittiv­a che si sta diffondend­o nel Paese. Nessuna nuova licenza viene infatti autorizzat­a. Così, i coffeeshop residui devono far fronte a una richiesta crescente, e questo non è sempre facile, anche per un sistema di regole complicato: il che significa che i consumator­i – e talvolta gli stessi proprietar­i dei locali – si devono rifornire per strada da spacciator­i, quelli sì, illegali. Con tutto ciò che ne consegue dal punto di vista del traffico di stupefacen­ti e della criminalit­à conseguent­e.

La biblioteca di Aarhus viene dal futuro L’hanno appena votata come “Biblioteca Internazio­nale dell’anno”, ma in realtà Dokk1 – la più grande della Scandinavi­a – è molto di più. Un ibrido, l’hanno definita: per Aarhus, seconda città della Danimarca, è uno spazio pubblico che mette insieme libri, ovviamente, ma anche uffici dove rinnovare i documenti, caffè, computer pubblici, area di giochi interattiv­i per famiglie. Costruita nella vecchia zona industrial­e è, secondo chi l’ha progettato, « uno spazio pubblico in cui imparare » . Una straordina­ria sintesi fra passato e futuro.

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Sistema antinquina­mento da export

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