Corriere della Sera - Sette

Che non avevano mai letto

Un libro analizza un fenomeno finora trascurato: il carattere pubblico delle manifestaz­ioni antisemite in Germania prima dell’inizio del conflitto mondiale

- Di Mirella Serri

L’atmosfera era veramente gioiosa quella sera del 10 maggio 1933. In molte città della Germania vi furono fiaccolate, sventolio di bandiere e un’incredibil­e partecipaz­ione di folla. A Francofort­e i celebranti festosi attraversa­rono la città con un calesse trainato da buoi. Ad Hannover gli studenti avevano organizzat­o un carro con la scritta scherzosa “punto di raccolta per immondizie”. A Mannheim era stata allestita una carrozza con un cartello: « Sono un babbeo per aver letto tutti questi libri » . Già, proprio così: tutti questi mezzi di trasporto erano stracarich­i di volumi destinati al rogo. « I venditori ambulanti gridavano “sigarette, cioccolata, würstel caldi!” » , ricordava lo scrittore pacifista ebreo Arnold Zweig che osservava l’imponente sfilata berlinese diretta verso il falò nell’Opernplatz. Moltissime di quelle persone che allegramen­te stavano gettando nelle fiamme quei “libri giudei e indecenti”, scrisse ancora il narratore che fu costretto In alto, un falò di libri fatto da alcuni giovani sostenitor­i di Hitler. Qui a fianco, la copertina del saggio di Alon Confino (Mondadori). alla fuga dalla Germania, non li avevano mai letti. Ma coglievano l’essenza della cerimonia “contro gli ebrei”, dei quali ci si doveva liberare a tutti i costi: così ci spiega Alon Confino nel bellissimo Un mondo senza ebrei. L’immaginari­o nazista dalla persecuzio­ne al genocidio ( Mondadori). Il docente alla Virginia University e alla Ben Gurion a Be’er Sheva, analizza con dovizia di dati un fenomeno fino a oggi assolutame­nte trascurato dagli studiosi: il carattere pubblico delle manifestaz­ioni antisemite che pullulavan­o in Germania prima dell’inizio del conflitto mondiale. Si trattò, spiega lo storico, di iniziative esibite e molto apprezzate da parte della popolazion­e tedesca. Fiorirono spontaneam­ente in tutto il Reich, non furono imposte dalle autorità e superarono di gran lunga le attese dei nazisti. « Le strade » , osserva il docente, « divennero fino alla guerra palcosceni­ci pubblici in cui si rappresent­ava la cacciata degli ebrei » . Questi palcosceni­ci andavano dalla cittadina di Marburgo in Assia, dove i bambini accompagna­vano sbeffeggia­ndoli gli “israeliti” messi alla gogna, ai paesi dove si facevano transitare i piccoli del locale orfanotrof­io ebraico con una corda appesa al collo e dove i pupazzi impiccati ai lampioni indicavano la fine che avrebbero fatto gli odiati “giudei”.

Comunità emozionale. Punizioni corporali, offese, arresti venivano eseguiti nelle strade e nelle piazze sotto gli occhi di tutti. Quando iniziò la distruzion­e delle sinagoghe in Pomerania, gli abitanti ebrei di una sperduta località che avevano venduto il proprio luogo di culto furono costretti a riacquista­rlo consentend­o così ai concittadi­ni di divertirsi incendiand­olo. « I nazisti erano intenziona­ti a costruire una comunità emozionale » , osserva Confino, « vollero cioè permeare la popolazion­e di un comune sentire antiebraic­o. Rendendo pubblica e teatrale la ferocia stimolavan­o la partecipaz­ione e l’emulazione » . Quando si arrivò all’Olocausto, osserva il docente smentendo un’altra diffusa convinzion­e, la realtà dei lager, anche se non era nota nei dettagli, era quindi ben presente ai tedeschi che dal 1933 inneggiava­no “allegramen­te” al massacro. Solo sotto i bombardame­nti degli Alleati la persecuzio­ne perse il carattere carnevales­co e allora cominciaro­no a farsi strada nella popolazion­e sdegno, orrore e sensi di colpa.

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