Dalla città ai campi da sci. E ritorno
Noi rappresentiamo lo sviluppo dell’urbanizzazione dello sport, della sua presa di possesso dei guardaroba quotidiani. Fino a qualche anno fa sarebbe stato impossibile perfino pensare di andare in ufficio in sneakers: «Oggi ci si va anche con la maglia zippata», dice Alessandro Locatelli, ex Balmain, che da un paio d’anni gestisce invece
l’ultima creatura di Domenico De Sole e dell’ex ad di Crocs, Ron Snyder, e conta di dare una nuova spinta al passaggio dei piumini e dell’abbigliamento Rossignol dalle piste da sci alle strade cittadine. Non è certo il solo. Quattordici anni di gestioneRuffini, tanti ne sono trascorsi da quando l’imprenditore lombardo rilevò dalla Fin.Part in crisi, hanno portato molta ispirazione ovunque. Le collaborazioni fra produttori di abbigliamento tecnico e grandi stilisti sono ormai storia (negli Ottanta J.C. de Castelbajac faceva produrre tricot coloratissimi al gruppo Gilmar, fra i Novanta e i Duemila Prada lanciò una collezione da sci che si indossava la sera al Chesa Veglia di St. Moritz); dunque non c’è da stupirsi se, nell’imbarazzo, qualche signora arrivi sui campi da sci con gli stessi leggings argento che Jerry Hall indossava decenni prima di sposare Rupert Murdoch e se i piumini spalmati oro siano ormai una costante sull’abito da sera delle grandi feste. Le giornaliste della moda aspettano solo le sfilate di Parigi per correre da a comprare, a poche decine di euro, certi piumini leggerissimi che si infilano ripiegati nella borsa, dove occupano lo stesso spazio di un paio di occhiali da sole; quelle molto ecologiche scelgono la linea di Nicolas Bargi (sopra, un modello), che nell’imbottitura non infila piuma d’oca ma “plume tech”, piuma sintetica che, ora, è frutto del riciclo del pet.