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Dieci giorni di proiezioni per riflettere sul nazismo, sull’olocausto dei sinti e dei rom, sui Paesi della ex Jugoslavia e sull’immigrazione
Nata come Alpe Adria Cinema nel 1989 per aprire una porta con le cinematografie dell’Est e diventata dal 2000 Trieste Film Festival, questa manifestazione – che quest’anno si svolgerà dal 20 al 29 gennaio ( triestefilmfestival. it) – si è conquistata una indiscussa rilevanza proprio per l’attenzione alle produzioni di quei Paesi che non sempre trovano lo spazio che meritano negli altri festival. Questione di legami ( che la direttricefondatrice Anna Maria Percavassi aveva coltivato con entusiasmo e costanza fino alla sua scomparsa, l’anno scorso) ma anche di sensibilità e in qualche modo di affinità, perché la prossimità geografica finisce spesso per trasformarsi in comunanza o in condivisione di memorie e riflessioni. Come nel ricordo dei crimini nazisti che hanno segnato la città giuliana in maniera indelebile e che quest’anno troveranno un momento di riflessione nella proiezione di A German Life, un documentario firmato a quattro mani ( Christian Krönes, Olaf Müller, Roland Schrotthofer e Florian Weigensamer) dove per la prima volta, a 105 anni!, accetta di parlare davanti alla macchina da presa Brunhilde Pomsel, segretaria stenografa e dattilografa di Joseph Goebbels, ministro della propaganda del Terzo Reich. O ancora con A Hole in the A sinistra una scena di del rumeno Catalin Mitulescu; a destra, di Yannis Sakaridis. Head, che ricostruisce l’olocausto dei sinti e dei rom. Un altro dei temi che contraddistinguono il TFF è l’attenzione a come i Paesi dell’ex Jugoslavia stanno affrontando il loro recente e drammatico passato, rielaborando le tragedie che li hanno visti passare da carnefici a vittime e viceversa. Quest’anno questo « passato che non passa » è al centro di film come Dobra žena ( Una brava moglie), storia di una donna cui a cinquant’anni viene