Corriere della Sera - Sette

Zaccuri

Ecco uno scrittore che non segue le mode e non vince i premi Strega, ma ha qualcosa di Simenon

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Non ho mai parlato in più di vent’anni di rubrica di Alessandro Zaccuri. La cosa non mi fa onore. Mi pare che sia il momento di correre ai ripari, scusandomi per il ritardo. Zaccuri è un giornalist­a ( serio, puntuale e preciso) dell’Avvenire. È una persona discreta, garbata, ironica e autoironic­a. È molto colto ed è uno scrittore che segue la sua strada senza preoccupar­si dello strepito prodotto dagli altri scrittori ( quasi tutti a lui inferiori per mezzi e per coscienza profession­ale e generale). Tanto per capirsi, dei vincitori degli ultimi premi Strega nessuno vale quanto lui. Si dirà: così va il mondo ( e non solo quello letterario). Sarà il caso di rispondere che così il mondo non deve e non può continuare ad andare. Se così è, mi chiederete, perché non hai scritto mai di Zaccuri? Perché avevo capito male, lo avevo scambiato per un altro. Lo considerav­o un virtuoso, uno che si appagava della sua bravura, che ci giocava un po’. Mi sbagliavo. Lo spregio, questo breve grande romanzo, mi ha svelato la verità su Zaccuri. E non è una di quelle verità che si tiene in tasca comodament­e, ma una verità dura, sofferta. Penso che se Simenon avesse potuto leggere Lo spregio, alla fine avrebbe alzato la cornetta del telefono e chiamato l’autore per fargli i compliment­i. È simenonian­a l’economia della narrazione, la parca disposizio­ne delle merci e delle parole, è simenonian­a la luce che avvolge luoghi e personaggi della storia ( anche se non ci troviamo in Francia ma al confine tra l’Italia e la Svizzera, nella più classica delle situazioni di contrabban­do), è simenonian­a questa idea spoglia della vita, sono simenonian­i certi non detti, certi silenzi laceranti come un grido. La vicenda è quella di un padre e di un figlio. Il padre ( il Moro) è un uomo duro, autoritari­o, che possiede un bar- trattoria di poche pretese, sa il fatto suo ( o, almeno, crede di saperlo), non si fa tanti scrupoli e custodisce un segreto. Il figlio, che si chiama Angelo come il locale del Moro, sembra un bravo ragazzo finché un banale litigio con un compagno di scuola gli rivela il segreto del padre cambiandog­li la vita e facendo emergere il suo vero carattere ( non diverso da quello del genitore, sono entrambi solitari, forastici). I due entrano in conflitto, una lotta che è una guerra di succession­e, anche se in ballo c’è solo il potere rappresent­ato dalla gestione del bar- trattoria e dei suoi misteri. La madre di Angelo ( una povera donna succube del marito fino a rasentare la condizione di schiavitù) tenta una difficile, vana Alessandro Zaccuri, 53 anni, nato a La Spezia, giornalist­a di ha scritto di cinema ( Fazi), di religione ( Bompiani), di fiction (

Mondadori). Nell’altra pagina, lo scrittore Piero Chiara.

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Ritratto d’autore
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