Gli occhi
Venti appuntamenti settimanali con i dvd delle grandi opere dirette da Riccardo Muti alla Scala. E commentate da lui medesimo
Verdi, alle sue opere rappresentate più di una volta nel corso delle inaugurazioni del cartellone scaligero. Ecco perché la collana del Corriere inizia proprio con il Don Carlo di Verdi. L’opera scelta per inaugurare la stagione milanese 1992- 1993. Basta scorrere i nomi degli interpreti per rendersi conto di un cartellone stellare: dal regista, Franco Zeffirelli, a Daniela Dessì ( Elisabetta di Valois), da Paolo Coni ( Rodrigo, marchese di Posa) a Samuel Ramey ( il re di Spagna, Filippo II). Ma su tutti, c’è l’Infante di Spagna, Don Carlo, appunto, interpretato da Luciano Pavarotti. E fortemente voluto da Riccardo Muti. Nelle note introduttive al Don Carlo, è lo stesso direttore d’orchestra che ricorda la diffidenza iniziale del grande tenore nel sentirsi sua quella parte. « Luciano seguì le prove con grande attenzione e, se sopravveniva qualche difficoltà di memoria, apriva lo spartito che portava sotto braccio: il che fece circolare la chiacchiera che non fosse preparato » , ricorda il Maestro napoletano e pugliese d’adozione. C’è un episodio, poi, difficile da dimenticare: quei rumorosi “boo” dei loggionisti all’indirizzo di Lucianone, nell’attimo in cui steccò una nota, la sera della prima. I veri amici ( Muti e Pavarotti lo sono stati davvero) si vedono nel momento del bisogno. Muti, per esempio, ricorrendo ad un vocabolario degno del linguista Niccolò Tommaseo, ma nobile e ( basta crederci) realistico proprio come il melodramma sa esserlo, commenta così ciò che avvenne sul palco: « La sera della Prima, purtroppo, Pavarotti screziò ( non steccò!) un acuto e, forse per una sorta di prevenzione nei suoi confronti, scoppiò una bagarre; ora, con la prospettiva del tempo, possiamo dire che fu una reazione ingiusta verso un artista che aveva dato tanto al mondo dell’opera » .