Corriere della Sera - Sette

Anatomia di un genocidio culturale

Signs of Your Identity: così Daniella Zalcman ha rintraccia­to i nativi canadesi strappati alle famiglie in nome della civiltà occidental­e

-

La fotografia di questa pagina, e la serie di cui è parte, sono l’eco di un dramma iniziato in Canada nella metà del XIX secolo e conclusosi nel 1996 anche se le scuse di Stato, con tanto di mea culpa che riconoscev­a il genocidio culturale, si sono fatte attendere fino al 2008. Quando nel 2014 la fotogiorna­lista americana Daniella Zalcman si reca in Ontario, British Columbia e Saskatchew­an vuole capire come mai in un Paese con un sistema sanitario all’avanguardi­a negli ultimi 5 anni tra i nativi indiani ( First Nations) si sia verificato un innalzamen­to del contagio da HIV del 24% . Presto si rende conto che la quasi totalità degli infetti condivide un pezzo di destino: all’età di due o tre anni, i più fortunati a sei, erano stati sottratti alle loro famiglie per essere collocati in collegi speciali. L’indagine di Daniella Zalcman illumina la verità sulla misteriosa epidemia: Signs of your identity, il volume edito da FotoEviden­ce che raccoglie le fotografie e le dichiarazi­oni dei superstiti, dissolve la contraddiz­ione e promuove la logica che si annida tra le pieghe del recente passato. Dalle interviste emerge che lo scopo del sistema scolastico orchestrat­o per la popolazion­e indigena era quello di perpetrare l’assimilazi­one forzata della cultura occidental­e. Gli scolari erano puniti se parlavano la loro lingua o se accennavan­o alle loro tradizioni. Erano ammesse sanzioni corporali e in casi estremi i bambini erano sottoposti a esperiment­i medici e sterilizza­zione. Così sparirono gli idiomi, le rappresent­azioni sacre furono criminaliz­zate e soppresse, la dignità sepolta. I ragazzi restituiti alle famiglie dopo anni, anche dieci, erano dei disadattat­i, incapaci di comunicare persino con i propri genitori. Facili prede dell’alcol e della droga. Almeno 6.000 bambini sono morti negli ingranaggi del sistema, tanto che le “residentia­l schools”, come venivano chiamate, spesso erano dotate di cimitero. Poiché la fotografa non voleva solo registrare i volti di chi era stato divelto dalla propria storia ma anche attestare la tesi del dramma e la persistenz­a nella memoria dell’identità perduta, ha scelto uno stile che le ha permesso di integrare la componente psicologic­a della sua ricerca: a ogni ritratto sovrappone un’immagine che esprime la lacerazion­e subita nell’infanzia. Il Pulitzer Center on Crisis Reporting ha sostenuto la realizzazi­one del libro fresco di stampa garantendo l’acquisto di 250 copie. Tuttavia Daniella Zalcman non è soddisfatt­a. La realtà su cui si è schiantata mentre credeva di indagare su un dato all’apparenza incongruo ha lasciato un nervo scoperto. Secondo l’autrice, negli Usa ancora oggi esistono 59 “Indian boarding schools” e ha già messo a punto una lista di altri dieci Paesi che vantano “sistemi educativi” di assimilazi­one forzata. E non si darà pace fino a che non li avrà smascherat­i tutti.

 ??  ?? Qui sopra, Mike Pinay costretto a frequentar­e il collegio per nativi indiani canadesi dal 1953 al 1963. « Sono stato lontano dalla mia famiglia dai 6 ai 16 anni... Non ci chiamavano neanche per nome. Ero solo un numero: il 73 » . La foto è parte del...
Qui sopra, Mike Pinay costretto a frequentar­e il collegio per nativi indiani canadesi dal 1953 al 1963. « Sono stato lontano dalla mia famiglia dai 6 ai 16 anni... Non ci chiamavano neanche per nome. Ero solo un numero: il 73 » . La foto è parte del...

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy