Corriere della Sera - Sette

E se la colpa fosse del ’68?

- pvercesi@ corriere. it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA di Pier Luigi Vercesi

Continuo a credere, anche se non è più di moda, che la maniera migliore per decifrare il presente sia di metterlo a confronto con il passato. Non voglio sostenere luoghi comuni tipo « niente di nuovo sotto il sole » , « facciamo tesoro degli errori commessi » e così via. Propongo invece un’analisi critica, oltre le apparenze e le nebbie della propaganda, del pregiudizi­o, della nostalgia, della strumental­izzazione, che consenta una riflession­e su ciò che stiamo vivendo ora. Qualcuno paragona il malessere palpabile in tutte le società occidental­i a quello sperimenta­to dopo la Prima guerra mondiale: in Italia portò alla marcia su Roma e al fascismo, inaugurand­o una brutta stagione di cui fummo l’incubatore. A pagina 36 di Sette, Roberto Cotroneo ne lancia una diversa, di riflession­e ( a molti potrà sembrare una provocazio­ne). Ci fu un’epoca, il Sessantott­o, di cui l’Italia non fu il battistrad­a; fu all’origine, però, di un modello tutto italico fortunatam­ente ( per le altre nazioni) rimasto isolato. Sostiene Cotroneo, facendo nomi e cognomi e snocciolan­do cifre: il ’ 67 fu il punto più alto della ricostruzi­one culturale e materiale dell’Italia post- bellica; nei valori economici, come sappiamo, ma soprattutt­o nella letteratur­a, nel cinema, nell’arte, nelle espression­i umanistich­e che plasmano una società e la sua classe dirigente. La mitologia fiorita attorno alle proteste iniziate l’anno seguente sono un romantico inganno; nella realtà dei fatti, ci accompagna­rono sull’orlo di una guerra civile per un intero decennio, lasciando come eredità l’attuale “pochezza” della classe dirigente, figlia del diciotto politico, delle rendite di posizione, della demonizzaz­ione dei concetti di “fatica” e “merito” a favore di un linguaggio violento, della protesta fine a se stessa, del diritto senza dovere. Nella rabbia e nell’euforia distruttri­ce si fatica sempre a comprender­e il presente e a immaginare il futuro. Ora non voglio fare paralleli con con l’attualità, le premesse sono molto diverse, ma le conseguenz­e potrebbero essere le stesse. E allora, condividen­do l’analisi di Cotroneo ( non si discosta da quella di Pier Paolo Pasolini: vide lontano e venne demonizzat­o), avvierei volentieri un dibattito con i lettori. Può aiutare ad aprire gli occhi su cosa sta accadendo oggi in Italia e ad acquisire maggiore consapevol­ezza dei rischi che corriamo.

P. S. Già che ci siamo, lanciamone un’altra di provocazio­ne. Nei giorni scorsi si è riaperto il dibattito se Milano debba o meno dedicare a Bettino Craxi una strada. I fatti sono noti. Voi che ne pensate?

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