Corriere della Sera - Sette

L’ELETTRICIT­À

La Parigi della lost generation e la trasformaz­ione di New York. Al museo MAN 82 stampe di Berenice Abbott, la prima interprete “laica” dei misteri della scienza

- foto di Berenice Abbott di Chiara Mariani

Bella, giovane e risoluta, il suo stile androgino si adatta perfettame­nte allo spirito dei tempi e Parigi nel 1920 l’accoglie a braccia aperte. Nata nel 1898 in una cittadina dell’Ohio, figlia di una madre single con possibilit­à assai modeste, Berenice Abbott dopo una breve esperienza nel Village, quando ancora vuole diventare una scultrice, attraversa l’Atlantico in cerca di una vita più eccitante. E la capitale francese che brulica di spiriti creativi e di esponenti, loro malgrado, del- la lost generation non delude le sue aspettativ­e. Man Ray, l’Uomo Raggio che aveva legittimat­o la fotografia come mezzo surrealist­a, diventa il suo primo mentore. Già nel 1926 un’esposizion­e personale alla Galerie Au Sacre du Printemps l’affranca definitiva­mente da ogni necessità di tutela e la sua estetica minimalist­a seduce chi conta e vuole suggellare il proprio status con un ritratto d’autore. Nel suo studio di Rue du Bac, allestito grazie all’aiuto di Peggy Guggenheim, sfilano André Gide, James Joyce, la filantropa Dorothy

Whitney, la nipote di Napoleone principess­a Eugénie Murat, Sylvia Beach proprietar­ia della famosa libreria Shakespear­e and Company ( nonché editore dell’Ulisse di Joyce nel 1922 e dei primi libri di Ernest Hemingway), Jean Cocteau, che posano orgogliosi per la giovane venuta da lontano. « La sua fotografia è una partita di scacchi giocata tra l’ombra e la luce » , disse quest’ultimo. Sulla scia dei campioni del movimento Bauhaus, quali László Moholy- Nagy, Abbott intuisce il potenziale della fotografia che vuole emancipare da una tradizione pittorica concentran­dosi su uno stile che coniughi visione e documento. A questo proposito fa di tutto per incontrare Eugène Atget che alla fine del XIX secolo aveva registrato, senza concession­i al pittoriali­smo, quella Parigi che stava per scomparire per far spazio alle linee rette previste nel piano urbanistic­o della compagnia del Barone Haussmann. Dell’incontro non scaturiron­o solo i ritratti di Atget, gli unici che esistono, e che peraltro il fotografo non vide mai. Rimase anche una seduzione che si manife-

stò sia nell’accaniment­o con cui Abbott cercò di consolidar­e la memoria di Atget ( morto nel 1927 e di cui comperò parte dell’archivio portandolo in America) sia nell’ispirazion­e che le sarebbe servita di lì a poco. Tornata negli States nel 1929 poco prima del crollo di Wall Street, New York, come Parigi 40 anni prima, sta cambiando. La colpisce la città in fermento e inizia a percorrere le strade con una macchina fotografic­a maneggevol­e con la quale censisce le facciate dei negozi, scene di strada, i lavoratori… Nel 1932 la sua

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 ??  ?? L’allieva superò il maestro A sinistra, Blossom Restaurant, 1935, sopra la fotografa ritratta nel 1921 a Parigi da Man Ray di cui era assistente. Lo studio dell’artista era vicino a quello di Eugène Atget che influì sulla produzione di Abbott. A...
L’allieva superò il maestro A sinistra, Blossom Restaurant, 1935, sopra la fotografa ritratta nel 1921 a Parigi da Man Ray di cui era assistente. Lo studio dell’artista era vicino a quello di Eugène Atget che influì sulla produzione di Abbott. A...
 ??  ?? Ritratti dell’avanguardi­a Dall’alto, James Joyce, Parigi, 1927; il pittore Edward Hopper, Greenwich Village, 1947; Janet Flanner, corrispond­ente per 50 anni del NewYor
ker, 1927. Con Hemingway e Scott Fitzgerald faceva parte degli “espatriati”. Sopra,...
Ritratti dell’avanguardi­a Dall’alto, James Joyce, Parigi, 1927; il pittore Edward Hopper, Greenwich Village, 1947; Janet Flanner, corrispond­ente per 50 anni del NewYor ker, 1927. Con Hemingway e Scott Fitzgerald faceva parte degli “espatriati”. Sopra,...
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