Corriere della Sera - Sette

Anatomia dell’invisibile

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Nel 1939, Berenice Abbott scrisse un manifesto intitolato Fotografia e Scienza. « Viviamo in un mondo fatto di scienza, disse, e abbiamo bisogno di un interprete amichevole e laico. Solo la fotografia può assolvere a questo compito » . Negli Anni Cinquanta inizia a collaborar­e con il MIT di Boston ed è del 1960 il volume Physics su cui hanno studiato i liceali.

Topografie, le 82 stampe esposte al Museo MAN di Nuoro dal 17 febbraio al 31 maggio, comprende tutte le fasi creative di questa protagonis­ta della storia del Novecento. Sopra,

Soap Bubbles, New York, 1946. estetica vira verso altre soluzioni. Con una macchina di grande formato fotografa le nuove costruzion­i di Manhattan e i loro dettagli spesso da punti di vista insoliti, volutament­e drammatici. Si cimenta in un gigantesco inventario dell’isola che abbandona l’orizzonte e muta il proprio skyline per sempre, diventando « una città di aghi di pietra » , per oltre mezzo secolo il modello per tutte le città del mondo che vogliono attestare la propria modernità. Tuttavia i fondi per mappare il cambiament­o non si trovano, fino al 1935 quando la Federal Art Project le fornisce un salario ( 145$ al mese), assistenti, una segretaria e una macchina. Dopo quattro anni, nel 1939, vede la luce Changing New York, il libro che lei definì la ricognizio­ne fotografic­a della città, un documento per il futuro. Proprio in quell’anno, comincia a essere attratta dalla scienza e nel 1944 diventa photo editor di Science Illustrate­d ( nel 1946 scatta le famose Soap Bubbles, la struttura molecolare delle bolle di sapone). Dovrà attendere a lungo prima che la sua ambizione di fotografar­e l’invisibile trovi un terreno fertile su cui germogliar­e. Solo quando nel 1958 l’Unione Sovietica lancia lo Sputnik, la ricerca scientific­a diventa una priorità anche per l’America, ed è in quel momento che Abbott entra in contatto con il MIT di Boston. Autodidatt­a e meticolosa, nel suo attico sperimenta luci stroboscop­iche per tracciare la traiettori­a delle palline di metallo e inventa apparecchi fotografic­i per indagare il magnetismo e l’elettricit­à, scatti che confluisco­no in un libro innovativo ( Physics, 1960) sul quale studiano milioni di liceali. Berenice Abbott muore nel 1991, all’età di 93 anni. Del resto lo aveva detto: « Questo secolo mi affascina così tanto. Ci sarò fino all’ultimo minuto. Lottando » .

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