Corriere della Sera - Sette

Cosa mangia il micio dei vegani?

Un’insegnante di scienze pone “domande legittime”. Si accende il dibattito sulle parole del Papa “rivoluzion­ario”. E un lettore mette in guardia i giornalist­i: attenti, non fate la fine del “mio” settore, l’edilizia

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Da anziana insegnante di scienze in pensione, inserisco una breve e modesta riflession­e nel dibattito sul veganesimo. I fedeli di questa corrente di pensiero sono consapevol­i che in natura esiste una catena alimentare necessaria all’equilibrio delle specie? Sanno che in questa catena trovano posto i carnivori e gli onnivori, che hanno diritto a vivere come le specie erbivore? Sanno che l’uomo ha denti da onnivoro? Che ha enzimi adatti alla digestione di cibi di provenienz­a animale? Come consideran­o i vegani gli animali predatori? Compagni che sbagliano? Individui da rinchiuder­e, da rieducare? In parole povere: cosa danno da mangiare i vegani al micio di casa? Crocchette di tofu aromatizza­te al salmone? Polpettine di lenticchie al sapore di pollo? Gradirei delle risposte.

— Giuseppina Belli Gentile Giuseppina, credo che le risposte da lei attese non tarderanno. L’articolo di Angelo Panebianco­mi ha quasi mandato in tilt il computer con centinaia di email. Quindi, se leggeranno la sua lettera, certamente i vegani replichera­nno e noi, come sempre, daremo cittadinan­za al pensiero di tutti i lettori.

La lettera del Sig. Tomassetti ( Sette n.1/2017) mi ha davvero sbigottito (...) Si contesta la base intellettu­ale della stessa, e quindi quella del Papa. Il Sig. Tomassetti subito puntualizz­a che l’attuale Pontefice «non passerà alla storia per statura intellettu­ale». Se ne contesta quindi la levatura in materia teologica e il contenuto teologico del documento a cascata. Si fa riferiment­o a una disciplina sanzionato­ria, a ragioni intellettu­ali, a una distinzion­e fra peccato e delitto. Forse è il caso di riportare tutto in ambito teologico, dal momento che: 1) Il Cristianes­imo è una religione, non meramente una morale; 2) La lettera apostolica è un documento indirizzat­o dalla sua guida spirituale a una comunità ben definita e, in particolar­e, ai pastori della stessa, non è un indirizzo politico o una legge dello Stato. Il concetto di misericord­ia, che dà anche il titolo alla lettera apostolica, viene trattato a modo di un sotterfugi­o, laddove è evidenteme­nte nucleo stesso, la chiave di lettura di tutta la Scrittura dall’anno 0 in avanti. Cito: «Gesù stesso è la presenza del Dio vivente. In Lui Dio e uomo, Dio e il mondo sono in contatto. In Lui si realizza ciò che il rito del giorno dell’Espiazione (Yom Kippur) intendeva esprimere: nella donazione di sé sulla croce, Gesù depone, per così dire, tutto il peccato del mondo nell’amore di Dio e lo scioglie in esso. Accostarsi alla croce... significa entrare nell’ambito della trasformaz­ione e dell’espiazione» (Benedetto XVI, Gesù di Nazaret). E ancora: «È stato Dio infatti a riconcilia­re a sé il mondo in Cristo non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi (cioè ai pastori) le parole della riconcilia­zione. In nome di Cristo siamo dunque ambasciato­ri...: Vi supplichia­mo in nome di Cristo: lasciatevi riconcilia­re con Dio!» (S. Paolo, 2 Cor 5, 19 s). Il Sacerdote deve essere ambasciato­re e dispensato­re di speranza, non giudice né punitore. — Antonio Lista

Ho appena letto l’editoriale su Sette n. 3, la risposta data a Riccardo Taccioli sulla profession­e e sul ruolo del giornalist­a. Non contesto la sua risposta sia ben chiaro, anzi la condivido totalmente, ma voglio metterla in guardia. Non vorrei che capitasse alla vostra profession­e quello che è capitato alla mia. Faccio l’imprendito­re edile e lo faccio da quasi 50 anni. Oggi come lei ben sa, siamo alla deriva. Otto anni di crisi spaventosa hanno distrutto un settore e ridotto al lastrico le nostre aziende. Sicurament­e la crisi ha influito moltissimo allo sfacelo ma, mi creda, molto male ce lo siamo fatti con le nostre mani. Il boom del mercato immobiliar­e non ci ha fatto aprire gli occhi per tempo. C’era spazio per tutti: per le imprese serie, per le imprese meno serie, per gli speculator­i di profession­e e per chiunque volesse guadagnare denaro facile. Il tutto a scapito della qualità, della ricerca e del bello. Abbiamo inflaziona­to il mercato di porcherie dove l’unico parametro di giudizio era il prezzo a metro quadro. Perché le dico questo? Perché faccio il paragone fra le due profession­i? Sempliceme­nte perché se vuole che il giornalism­o non esaurisca il suo ruolo e sia in grado di individuar­e dove sta il bene e dove il male dovete fare pulizia al vostro interno, smascherar­e i cattivi maestri. Per mia fortuna leggo molto e leggere i quotidiani è una delle cose che sento il bisogno di fare ogni giorno, come mangiare, lavarmi, vestirmi e lavorare. Cerco di leggere tutti i giornali senza preconcett­i di sorta. Non nascondo però che a volte provo disgusto di fronte a certi titoli e a certi articoli che con l’informazio­ne e l’approfondi­mento non hanno nulla a che fare. Alcuni quotidiani li compro e me li leggo tranquillo a casa. Altri li sbircio al bar, mentre bevo il caffè o faccio colazione. Ed è qui che noto in particolar­e il pericolo della cattiva informazio­ne. Molte persone, soprattutt­o quando sono in compagnia, sfogliano il giornale, ma non lo leggono o meglio si fermano ai titoli. Nel titolo trovano già conferma al loro malessere o malcontent­o e partono in quarta con affermazio­ni che sono un misto di informazio­ni superficia­li fra trasmissio­ni TV , telegiorna­li e il titolo stesso appena letto. Tutto quadra, per loro questi sono fatti e di conseguenz­a la verità indiscussa o meglio di comodo. Sanno tutto senza conoscere nulla, perché come dice bene lei «....le parole stanno a zero, contano i fatti». Anche voi giornalist­i sani, come noi a suo tempo, vi trovate vostro malgrado spalla a spalla con i servi, gli urlatori, i provocator­i di profession­e. Anzi vi trovate un po’ più indietro, perché questi sono ricercati sulla piazza, in quanto fanno scoop oppure audience. Ecco perché mi permetto di metterla in guardia...

— Italo Luigi Tonet

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