Abbiamo perduto il fato
Nella tragedia di Rigopiano ci saranno sicuramente delle colpe, ma non riconoscere anche lo zampino del destino significa non riconoscere il senso stesso della tragedia
Il web non perdona. A poche ore dalla tragedia di Rigopiano c’era già chi voleva linciare i colpevoli. Cito a caso: « Mi chiedo come sia stato possibile consentire che Rigopiano restasse regolarmente aperto in questo periodo di nevicate straordinarie ed in presenza di uno sciame sismico la cui virulenza non accenna a diminuire. Mi chiedo come possano i clienti aver scelto con tanta incoscienza una location così palesemente pericolosa per la loro vacanza invernale. Un misto devastante di comportamenti criminali ed incoscienza che non si possono perdonare. I colpevoli dovranno esser puniti con la massima severità » . Il web non perdona, ma non solo. Media, politici, magistrati sono partiti subito alla caccia del capro espiatorio ( è il loro mestiere, fanno bene, se ci sono state delle inadempienze è giusto che vengano fuori). Per esempio, pare che l’hotel Rigopiano sia stato costruito abusivamente sopra colate e accumuli di detriti preesistenti. Nessuno però si chiede se a volte non esista anche la fatalità. Sotto forma, in questo caso, di una nevicata straordinaria e di un terremoto che, secondo gli esperti, hanno dato vita a una situazione eccezionale, non prevedibile. Il concetto di fato non ci appartiene più. Presso i Romani, con il termine fato si faceva riferimento a quanto detto in maniera irrevocabile dalla divinità riguardo al destino di ognuno. Ne parla a lungo Cicerone nel De divinatione. Fatalità non significa fatalismo, cioè la rassegnazione di chi accetta il corso degli eventi, senza tentare di opporvisi. Nella tragedia di Rigopiano ci saranno sicuramente delle colpe, ma non riconoscere che è stato anche uno di quei momenti, come direbbe Amleto, in cui The time is out of joint, significa non riconoscere il senso stesso della tragedia. In un libro fondamentale, Fato antico e fato moderno, Giorgio de Santillana spiega come abbiamo cercato di superare il fato: « La rivoluzione scientifico- industriale ha generato sogni di salvazione – il sogno socialista –, ha tolto le catene del futuro… Il mondo industriale nega ogni futuro assegnabile, liquida la fatalità » . Gli inglesi chiamano l’imprevedibilità “Act of God”. Lo ha ricordato Salvatore Merlo sul Foglio: « Non è metafisica, ma un termine tecnico usato anche dai Lloyds di Londra. Secondo l’enciclopedia Britannica gli Act of God sono “eventi imprevisti e imprevedibili derivanti dalle forze della natura” » . Cerchiamo i colpevoli ma ricordiamoci anche di un violento terremoto che ha fatto precipitare a 100 km all’ora una valanga di neve e detriti, di una nevicata eccezionale che ha bloccato tutte le strade, di uno scatenamento assassino della natura. « Sono dunque voluti dal destino gli eventi che viviamo?... E allora come una fatalità li affronteremo » ( Shakespeare, Enrico IV).