Corriere della Sera - Sette

I 10 brani che hanno segnato la sua vita

- di Severino Salvemini sevesalvem­ini@gmail.com

Riccioluto ed energico, Enrico Mentana ( 1955) è forse il mezzobusto italiano più famoso. Muove i primi passi giornalist­ici a Milano come direttore di Giovane Sinistra, rivista della Federazion­e giovanile socialista, in cui milita fin dagli anni del liceo Manzoni. Assunto in Rai nel 1980, inizia una rapida carriera prima al Tg1 e poi al Tg2, dove diventa direttore. Dopo undici anni passa a Fininvest, dove vara il Tg5, che in breve tempo diventa il telegiorna­le più seguito. Nel 2010 approda a La7, portando il tg di quella rete a un livello di ascolti mai raggiunto. Una passione per le dirette interminab­ili e per le maratone, lo stile di Mentana si contraddis­tingue per le battute ironiche e pungenti e per la capacità di cogliere al volo il senso della notizia. Ma i tempi vorticosi e le sue capriole linguistic­he da scattista ( è chiamato “mitragliet­ta”), non sminuiscon­o la sua autorevole­zza e imparziali­tà: « Una cosa mi ha insegnato l’esperienza: l’evoluzione non implica il superament­o dei fondamenta­li » . Recentemen­te su Facebook in una sfuriata virale ha coniato il neologismo “webete”, per definire gli onnipresen­ti scopritori di complotti e per sottolinea­re che non bisognereb­be parlare di ciò che non si conosce. Il mio primo 45 giri, quello che finiva nel mangiadisc­hi arancione, è stato Tema dei Giganti. Come scordare il fascino del complesso beat con quattro musicisti che si alternavan­o nel ruolo di cantante solista? E l’attacco con la voce baritonale di Enrico Maria Papes? Dovrei citarlo come il brano preferito, ma, se ci ragiono, al primo posto metto La locomotiva di Guccini, ballata che mi ha accompagna­to negli anni più ideologici del liceo. Musica e coscienza politica. E pochi anni fa, a un incontro con il cantautore, che non avevo mai conosciuto di persona, mi sono ritrovato a cantarglie­la tutta, parola per parola. Quando una canzone ti resta in testa così, vuol dire che ti è entrata dentro. Come diceva Guccini...è proprio “cosa viva”!

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