«Sono pronto a cedere dieci anni della mia vita a Stevie Wonder»
Ma non vuole incontrare i suoi miti. Ora «ha comperato un biglietto open: prima tappa New York». Per celebrare un anno pieno di soddisfazioni. Poi parla dei genitori («due lavoratori»), dei nonni, della sua passione per la cucina. E confessa: «Per il debu
L’inizio è spiazzante. « Piacere, la Morte » . Allude alla felpa nera, cappuccio in testa per tutta l’intervista, jeans in tinta con gli strappi alle ginocchia, maglietta bianca, anelli distribuiti sia a destra che a sinistra. Ordina un Moscow Mule: vodka, ginger beer, succo di lime, zenzero fresco e cetriolo, rigorosamente nel bicchiere di rame. « Sette, sette e mezzo » , gli dà il voto dopo averlo sorseggiato. « Ho un passato da barista » . Siamo seduti in una saletta dello Yard Club, un tuffo nel passato in cui ti aspetti che da un momento all’altro davanti a te compaia Ella Fitzgerald per cantare con Louis Jordan Baby, it’s cold outside. Fuori fa freddo anche a Milano. Ma Marco Mengoni non sembra sentirlo. Ritorna con la mente al tour che negli ultimi otto mesi lo ha portato in giro per l’Italia e l’Europa, cinquanta date in appendice a due anni di lavoro in cui ha prodotto Parole in circolo e Le cose che non ho, primo e secondo tempo di un progetto creativo di cui ha deciso lui tempi e modi. Da perfezionista. « Sono capricorno ascendente vergine, Terra su Terra, due segni di coccio » , si arrende all’evidenza di chi non può che chiedersi tanto, sempre. « E spero di non smettere. È questo che mi spinge a migliorare, a sbagliare, ma soprattutto a cercare di raggiungere ogni volta lo step successivo » .
La rete degli affetti. In questa continua ricerca, che vuol dire curiosità, ma anche flessibilità, riconosce una certa eredità paterna. « Mio padre Maurizio si è sempre inventato mille lavori. Adesso fa la pasta, supplì, lasagne: ha un negozio a Ronciglione. Quando ero piccolo lavorava in una ditta di autobus da turismo, lontano da noi. Poi ho cominciato a pronunciare la parola papà e si è reso conto che doveva starci vicino. Si è licenziato e ha cominciato a fare un sacco di cose, l’ultima è la gastronomia » . Sua madre ha sempre lavorato nel negozio di abbigliamento di famiglia. « Sono figlio di due commercianti, nessuno con il sangue blu. Due lavoratori, il che è un complimento » . Il tempo passato fuori dalla scuola lo trascorreva con il nonno paterno. « Sestilio, perché era il sesto di otto figli. Abitava con noi. Aveva un caseificio, mi ha insegnato a fare la ricotta, la mozzarella, a riconoscere le lune, anche se questome lo sono scordato, ora guardo il calendario. Coltivava l’orto e mi portava a vederlo. Non mi ha mai sgridato, non ce n’era bisogno. Se facevo qualcosa che non andava bene bastava uno sguardo, non doveva dirmi nient’altro. Sempre lui mi ha trasmesso il rispetto, che non è soltanto quello tra esseri umani, ma proprio l’atteggiamento da mantenere verso
questa vita che ci viene data in prestito » . Nella rete degli affetti c’è anche nonna Jolanda. « La mitica mamma di mia madre. Decima di dodici figli, è stata lei a rendere matriarcale la nostra famiglia. Per dire che tipo: tempo fa due clienti del famoso negozio di abbigliamento le hanno chiesto l’età e lei ha risposto 67, ma non era vero; poi hanno chiesto a mia madre quanti anni avesse lei e ha risposto 57. A quel punto sono entrati in confusione: come poteva mia nonna aver partorito a dieci anni? Dovreste vederla, con le sue maglie leopardate. Ogni volta che mi vede con l’orecchino o con i pantaloni stracciati si incavola » .
L’energia con il pubblico. Figlio unico, ma senza drammi. « Non sono dispiaciuto, mi sono preso tutto io. Ho il primato assoluto degli affetti. Per l’attaccamento famigliare avevo i cugini, siamo in sei. Ma poi mio padre e mia madre erano solo miei » . Un « dramma » , però, forse c’è: è nato il 25 dicembre, niente festa di compleanno. « Per non parlare del regalo, mai che fosse doppio. Ed è il meno. Il vero problema è essere nati lo stesso giorno di qualcuno che resterà sempre più famoso di te, nonostante i tuoi sforzi » . Lo dice serio, chiaramente scherzando, in quel suo modo nero di fare battute ( vedete sopra, alla voce presentazioni). E non sai se prende in giro te o ciò che in fondo conta poco nella vita. Perché Mengoni, così radicato sulla terra per acclarata storia familiare e astrologica, è inevitabilmente richiamato alle stelle, all’iperuranio dove dice di incontrare il pubblico dei concerti. « La botta di adrenalina ti arriva prima di salire sul palco, un colpo secco, come quando hai le farfalle nello stomaco alla vigilia di una relazione importante. E in effetti è una relazione quella che si crea con i tuoi fan, ogni volta diversa. È come una madre che dice: tu sei mio figlio, io ti ho portato in grembo per nove mesi, questo legame non ce lo toglierà mai nessuno. Lo stesso mi porto dentro io del mio pubblico. Si crea un legame iperuranico che ti travolge e ti stravolge, rimette in discussione la tua vita perché poi tutto il resto ti sembra banale, troppo semplice, hai la tendenza a sminuire tutto. Ed è qui che devi essere bravo e fare lo sforzo di separare le due cose, e di riconoscere la bellezza di un tramonto, di un’alba, di un paesaggio inne- vato, insomma di una cosa semplice. È il rischio di quando fai ciò che ami, diventa la tua droga e la tua ossessione, hai un riscontro energetico talmente forte che poi non sai più chi sei » .
La quotidianità a Milano. L’antidoto è Sestilio. « Cucinare, vedere i miei amici, correre, nuotare, andare in palestra » . La concretezza vissuta in un appartamento aperto dove c’è sempre qualcuno che dorme sul divano. « Adesso c’è mia cugina Giulia con il suo fidanzato. Dovevano restare una settimana e ci sono già da più di un mese. Ma va bene così. Mi chiede di prepararle il ciambellone o la crostata per colazione. E io l’accontento. L’altro ieri siamo andati a far la spesa alle undici di sera. Cosa non manca mai nella mia dispensa? L’olio buono dell’Alta Tuscia. Il mio pezzo forte per le cene sono le melanzane alla parmigiana, ma le faccio in versione light, senza friggere » . Sveglia presto, dorme cinque ore. « Non mi piace sprecare il tempo » . Caffè d’orzo, pane e marmellata, un salto in edicola, poi dritto allo studio, dove registra o anche no. « Il giorno della settimana che mi piace di meno è la domenica, tutto chiuso, inerzia assoluta. Io rispondo organizzando cose: magari vado per mercatini e compro oggetti, sono compulsivo, l’ultimo acquisto sono due tele dell’Ottocento prese da un rigattiere, andranno a finire con gli altri quadri, accatastati ai piedi del muro » .
Rispettoso. Il 2016 è stato l’anno dei concerti con cui ha prodotto il Marco Mengoni Live. « A Colonia sbagliavano tutte le parole e questo significava che per il 70 per cento non erano italiani, ma si lasciavano trasportare dalla musica: mi hanno colpito molto. In Campania, invece, cantavano talmente forte da superare in decibel il suono delle casse, non sentivo nemmeno la mia voce in cuffia: a quel punto potevo solo abbandonarmi alla loro festa » . Ha cantato nei palazzetti dello sport e nei club, ma per San Siro non si sente ancora pronto. « Sono giovanissimo! Semmai sarebbe bello un videoclip di un mio concerto dentro uno stadio vuoto, con me e basta. Ma per un debutto vero, con il pubblico, sceglierei l’Olimpico, visto il mio legame con il Lazio » . Il 2016 è stato anche l’anno dei lutti musicali, una parabola triste lanciata da David Bowie e chiusa da George Michael. « C’è poco da riflettere su queste morti, è la vita. Io posso solo dire che sono pronto a cedere dieci dei miei anni a StevieWonder, un mito che non ho mai voluto conoscere, anche quando c’è stata la possibilità al Lucca Summer Festival » . Stessa cosa quando a Venezia si è reso conto di trovarsi nella stanza accanto a quella di David Bowie. Oppure quando in un bar, durante la Mostra del Cinema, alle sue spalle si è seduto Quentin Tarantino. « Mi sono alzato immediatamente e me ne sono andato. Gli dei devono restare nell’Olimpo » . Adesso, dopo otto anni vissuti pericolosamente in ascesa – X Factor, Festival di Sanremo, Mtv Music Awards, dischi di platino a pioggia – è arrivato il momento della pausa. « Sì, vado in aspettativa. Ho bisogno di un po’ di tempo per schiarirmi le idee, e chiarire il mio stomaco, la mia anima, il mio cervello. Voglio aspettare, ma non aspettarmi. Cioè non voglio avere aspettative. Quello che deve arrivare, arriverà. Un libro? Forse è presto, non sarei in grado di entrare nell’abisso di un’emozione e raccontarla. Lo faccio con la musica » . Mentre aspetta, viaggia. « Ho già fatto un biglietto open, date flessibili. Parto solo, molto presto. Prima destinazione New York, poi da lì si vedrà » .
Elvira Serra @ elvira_ serra
«Al concerto di Colonia sbagliavano tutte le parole: per il 70 per cento non erano italiani, ma si lasciavano trasportare dalla musica»