Corriere della Sera - Sette

Marianne Mirage: «Ho girato il mondo per metterlo in una canzone»

La chitarra come compagna di scuola. I viaggi in barca con papà. La passione per il soul e per il sirtaki. Ora l’attende l’Ariston

- di Manuela Croci

Viaggio, chitarra, palcosceni­co. Sono queste le tre parole più ricorrenti durante la chiacchier­ata con Marianne Mirage. 25 anni nata a Cesena, fisico minuto, tra pochi giorni salirà sul palco dell’Ariston per la prima volta e sarà in gara nella categoria Giovani, con il brano Le canzoni fanno male che dà il titolo anche al suo nuovo Ep. A dispetto del suo essere uno scricciolo Marianne ha una forte personalit­à e una voce potente. Amante fin da piccola delle atmosfere black e soul, ha una vera passione per Edith Piaf e Billie Holiday. « Mio padre mi ripe- teva: “Non puoi essere come loro: sei bianca e minuta. Come potresti avere il loro timbro?” Ho lavorato tanto su me stessa, è stata una lotta per spingermi sempre oltre » . Ma ascoltando le cinque canzoni dell’Ep in uscita non ci sono solo le sonorità tipiche della musica black: In tutte le cose, ad esempio, richiama la semplicità di alcune canzoni degli Anni 60; mentre Corri, utilizzata da Pupy Avati per la colonna sonora di Il fulgore di Dony, ha una base di archi e pianoforte. « Sono aperta a tutti i tipi di musica. Quando ero piccola e mio padre dipingeva, ascoltavam­o insieme il sirtaki. Quello che si

nasconde sotto i miei riccioli è una fusione di tutto ciò che ho sentito e vissuto fino ad ora. Mescolo i suoni dei Paesi che ho visitato negli anni. E lo stesso vale per le parole: scrivo in italiano, in inglese, in francese. A volte traduco, altre no » .

Colletta irlandese. Un rapporto molto stretto, quello di Marianne con il padre. « Sono un’artista come lui » . Non solo disegni però. La giovane cantautric­e è anche regista dei suoi videoclip, musicista e attrice. Si è infatti diplomata al Centro Sperimenta­le di Cinematogr­afia di Milano. « Un’esperienza che mi serve moltissimo quando sono sul palco: non canto soltanto, interpreto » . La prima esibizione in pubblico? « Avevo sette anni e ad ascoltarmi c’era papà: andavo da lui con la chitarra in mano, lo facevo sedere per ascoltare le mie prime composizio­ni. Nei suoi occhi c’era una scintilla, da artista aveva capito che avevo un potenziale, ma voleva che studiassi » . E lei andava a scuola, ma accompagna­ta sempre dalla sua chitarra. « La tenevo nell’armadietto e all’intervallo mi mettevo in un angolo e suonavo. Facevo fatica a socializza­re. Poi a 16 anni siamo partite sole, io e la mia chitarra. Destinazio­ne: Londra, poi l’Irlanda. Suonavo per le strade e con quello che guadagnavo, la notte dormivo negli ostelli. È stata un’esperienza dura » . Di indipenden­za totale: ma non ha mai avuto paura? « Forse ne ho più ora che ci ripenso » . Sorride. « A volte sono stata un po’ incoscient­e, come quando ero a Dublino e l’ultima sera ho dato 20 euro a due ragazzi che cantavano per strada. La mattina dopo, mi sono presentata in aeroporto e, all’imbarco, non avevo i soldi per il bagaglio. Mancavano proprio 20 euro. L’assistente di volo guardando la mia chitarra, mi ha detto di provare a improvvisa­re, di farmi venire un’idea così ho cominciato a cantare ho tirato su 10 euro; poi sono andata al piano di sopra dove c’era una banca e i dipendenti hanno fatto una colletta per darmi gli altri 10 euro per rientrare in Italia. Ho preso appena in tempo quell’aereo » . Uno dei tantissimi su cui è salita: ha girato il mondo fin da piccola. « Il luogo che più di tutti mi rimane nel cuore è Istanbul. Poi Parigi e il Giappone, Tokyo: ci sono stata lo scorso anno, adoro profondame­nte la loro cultura. La prossima destinazio­ne? Il Messico: ho bisogno di sole e di persone sorridenti per ricaricarm­i. Il viaggio è una costante della mia vita da sempre. Mio padre aggiustava barche a vela e poi le riportava navigando ai rispettivi proprietar­i. In questo modo, ho toccato quasi tutti i porti del Mediterran­eo. Per questo mi sento apolide, sono figlia del mondo. A farmi compagnia in barca c’era la chitarra e i taccuini su cui disegnavo e appuntavo i miei pensieri » . Come quello che ha tra le mani in questo momento. Non lo lascia mai da parte? « No, dentro ci sono io » . Lo apre e appaiono una palma, un aereo e le scritte “Keep calm fly high” e “Se salirò sul palco di Sanremo prometto di non aver più paura dell’aereo”: ma come, una viaggiatri­ce come lei, teme i voli? « Un’anno fa andando a Londra l’aereo ha fatto un touch and go in partenza. Da allora è stato panico. Quando sono stata chiamata per Sanremo, sono entrata al cinema e, ironia della sorte, c’era il film Sully di Clint Eastwood sull’ammaraggio del volo US Airways 1549. Mi sono detta: se passo le selezioni del Festival, smetto di aver paura. Detto, fatto » . Così tra pochi giorni sarà all’Ariston. « In un altro momento forse non avrei avuto la forza di salire su quel palco, ma ora sono carica. Il live per me è un momento importante, quando sono lì davanti al pubblico con la mia chitarra, poco prima di iniziare, nella mia testa risuona sempre una parola: “Finalmente!” » .

«Nelle mie canzoni mescolo i suoni dei Paesi dove sono stata». E anche i testi: scrive in italiano, inglese o francese

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male è il nuovo Ep di Marianne Mirage, in uscita il 10 febbraio (Sugar).
In uscita Le canzoni fanno male è il nuovo Ep di Marianne Mirage, in uscita il 10 febbraio (Sugar).
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Pensieri e foto private Nella foto grande, Marianne in uno scatto recente. Dall’alto: da piccolina in barca a vela; in posa a Londra; un selfie davanti alla Torre Eiffel di Parigi; in un negozio tappezzato di dischi a Berlino. Qui sotto, il taccuino da...
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