Corriere della Sera - Sette

Consegna pacchi

Il BarLume di Malvaldi sembra in television­e «il bus di una gita scolastica» e i Bastardi di Pizzofalco­ne «la solita Napoli da cartolina». Lo dice un lettore. È così?

- di Antonio D’Orrico

Paolo Di Betta, che i lettori ricorderan­no per le sue provocazio­ni, si chiede: « Cosa c’è che non va nelle serie tv tratte dai cicli gialli italiani? Il ciclo del BarLume è inguardabi­le ( sembra il bus di una gita scolastica), il ciclo dei Bastardi di Pizzofalco­ne fa imbestiali­re la mia migliore amica che è napoletana doc (“la solita Napoli da cartolina che de Giovanni ha sempre evitato di rappresent­are, ma ora sottoscriv­e in TV”), Rocco Schiavone è sulla bocca di tutti solo per quello che Rocco si mette in bocca la mattina. ( Glissiamo sul modo in cui sono rappresent­ate le sue donne in tv). Perfino le contaminaz­ioni fra serie TV e romanzi sono deleterie per questi ultimi: Catarella ora sbatte la porta pure nei romanzi di Camilleri. Questa non è la solita tirata su “il romanzo è meglio del film”. La serie su Harry Bosch è bellissima, arricchisc­e e va oltre i libri. The Wire è un capolavoro ( tratto, tra l’altro, da un reportage). I Soprano andrebbe fatto vedere a scuola ( solo il capo guadagna, gli altri fanno la fame o muoiono). The Affair ha reso interessan­te perfino il triangolo amoroso » .

CONCORSO DI COLPA. Calma, Di Betta, calma. Sul BarLume d’accordo. Ma sui Bastardi di Pizzofalco­ne le colpe non sono tutte della tv, c’è un forte concorso dei romanzi d’origine. Su Manzini in tv ho bisogno di un supplement­o di indagine. Sulla grandezza dei Soprano ( serie non tratta da un romanzo) convengo, ma la morale che lei affibbia alla splendida serie con James Gandolfini ( « solo il capo guadagna, gli altri fanno la fame o muoiono » ) , non rende giustizia alla straordina­ria complessit­à dell’opera. E ricordi che Tony Soprano è di Newark come Philip Roth. Solo una coincidenz­a? Ancora Di Betta: « Camilleri racconta che ha imparato a scrivere smembrando i gialli con Maigret. Non è che nei gialli italiani ci sia poco da smembrare? E che la loro cifra stilistica sempre caricatura­le faccia finire tutto sempre in farsa? » . Obiezione: Romanzo criminale e Gomorra di

Sollima non finiscono in farsa.

LA MASCOTTE. Biografia di Kim Novak scritta da Santi A. Urso: « Il cognome è quello vero: il papà, Joseph Novak, emigrato dalla Cecoslovac­chia, e sposato alla maestra Blanche Kral, era ferroviere a Chicago. La figlia ( che poi ha sempre amato ricordare le cifre della nascita: ore 3,13 del 13 febbraio 1933, stanza 313 dell’ospedale sant’Antonio di Chicago) fu battezzata Marilyn Anne Pauline. Incominciò facendo “la stupidella davanti alla macchina fotografic­a”, perché sin da ragazza fu una fotomodell­a bellissima ( paragonata alle mitiche bellezze che venivano dal centro Europa, Marlene Dietrich e Hedy Lamarr), chiamata Miss Gelo non per caratteria­le freddezza ma perché faceva pubblicità a una fabbrica di frigorifer­i. A 18 anni la biondina Novak aveva già colleziona­to titoli come Miss Sorriso, Reginetta del lago Michigan e Mascotte del 43° ( uno squadrone di aerei da bombardame­nto) » . (Fine terza puntata – continua)

Secondo l’ipercritic­o spettatore, il passaggio dalla pagina al piccolo schermo non ha fatto bene neanche al Rocco Schiavone di Manzini

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