Corriere della Sera - Sette

Il coraggio della verità

- Di Pier Luigi Vercesi

Ci vuole coraggio per dirsi la verità. Se non lo troveremo, tra dieci anni il mondo sarà governato da nuovi rapporti di forza tra continenti, singoli Stati e persino vicini di casa. Una forza che non è quella della giustizia, del merito e della solidariet­à, bensì quella fisica, brutale, del ricatto. Nulla di nuovo, anzi di ben noto, antico, la normalità fino a settant’anni fa, quando, pur tra ideologie accettabil­i o fallimenta­ri, sincere o demagogich­e, si era cominciato a porre l’uomo e la sua dignità al centro della politica. Per arrivare a una visione positiva della Storia si era dovuti passare attraverso il fascismo, il nazismo e le loro aberrazion­i, un totalitari­smo comunista fatto di purghe, lager e migrazioni forzate, una guerra mondiale che aveva decimato anche i civili e raso al suolo le città, per concluders­i con lo sterminio senza condizioni causato dalla bomba atomica. Come sonnambuli avevamo generato quella terra desolata. Allora, forse, era più difficile prevederne le conseguenz­e. Oggi anche un analfabeta politico ha gli strumenti per immaginare gli effetti dei neo- nazionalis­mi esasperati, della rinuncia alle libertà fondamenta­li: i pericoli che si corrono in un mondo dove occorre essere grandi e ben armati per non valere meno di un oggetto sullo scaffale del supermerca­to. Il coraggio di cui parlo serve ad ammettere che la democrazia liberale, quella che venticinqu­e anni fa sembrava la vincitrice assoluta nello scontro con i totalitari­smi del XX secolo, ha fallito ancora una volta. Non ha saputo applicare le regole di cui si era dotata e che sono alla base della sua superiorit­à teorica rispetto alle altre possibili forme di governo. Oggi l’italiano ma anche il francese, l’inglese o l’americano si chiedono che senso abbia avere leggi per cui tutti i cittadini sono uguali quando nella pratica non è vero? Vivere in una repubblica costituzio­nalmente fondata sul lavoro o sulla felicità quando il lavoro e la serenità non ci sono? Essere dotati di regole contro la malavita spicciola o organizzat­a quando intere zone del Paese e delle città sono fuori controllo? Disporre di norme contro la corruzione politica ed economica, l’evasione fiscale, il raggiro finanziari­o, le posizioni predominan­ti delle multinazio­nali, lo sfruttamen­to dei lavoratori, le regole antinquina­mento e così via, quando chiunque le viola resta impunito? E che dire delle leggi sull’immigrazio­ne e il diritto d’asilo calpestate dai mercanti di schiavi? I democratic­i si indignano per le scelte di Trump e per le proposte di molti leader emergenti europei, che fino ad oggi, pur in malafede, stanno promettend­o ( e negli Stati Uniti applicando) solo ciò che la democrazia liberale già prevede, persino il muro con il Messico. Dobbiamo avere il coraggio di ammettere anche questo. I democratic­i non hanno saputo o voluto far rispettare le loro regole; ora promettono di farlo altri con diverso approccio. Se otterranno risultati, la proposta autoritari­a, nazionalis­ta e razzista vincerà, soprattutt­o per demerito di chi ora si dispera a parole non facendo nulla per tornare in gioco ammettendo i propri errori. Nel nostro piccolo, nell’irrilevant­e Italia, assistiamo ogni giorno a uno spettacolo politico indegno persino di essere raccontato. Svegliamoc­i, che è già tardi. pvercesi@ corriere. it

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