«Se mi lasci, ti cancelletto ». Parola di B.B.
Bianca Berlinguer insegue il pubblico dei programmi d’approfondimento in fuga dalla tv, mettendo l’hashtag di Twitter davanti al titolo. Basterà?
# cartabianca prende l’aggiunta di un “a colori” per le prime serate su RaiTre, un intento cromatico pari alla sfida che la Berlinguer deve affrontare. Nel pieno della crisi della politica tradizionale, il crollo dei programmi cosiddetti d’approfondimento, inabissati tra i 2 per cento e i 7- 8 per cento sbandierati come successi, ha travolto persino un campione di ieri come Michele Santoro. Bianca Berlinguer, dopo la buona prova nel tardo pomeriggio, arriva al martedì sera per una somma di errori da manuale del tele- renzismo e con un certo carico d’aspettative: nel suo volto familiare, così simile a quello del padre Enrico, grande leader comunista degli anni Settanta, qualcuno ha visto persino il carisma di un possibile candidato alternativo alla segreteria del Pd… Intanto è diventata l’interlocutrice televisiva privilegiata di Massimo D’Alema e della fronda anti- Renzi. Vedremo. #cartabianca a colori deve nuotare controcorrente anche nell’Auditel: può trascinarsi dietro lo zoccolo duro dei telespettatori più tradizionali, aggregato prima del Tg3, ma dovrà fare i conti con la presa sempre più debole del mezzo televisivo nella fascia di pubblico potenzialmente più attenta alle news. In fondo, anche segnali come la durissima ristrutturazione in atto a SkyTg24, piuttosto che l’impasse di RaiNews 24, nonostante l’attivismo di Antonio Di Bella, riflettono la crisi generale dell’informazione tradizionale. Quando poi si parla di approfondimento politico, non si può non tener conto di quanto sia mutato il rapporto con la realtà istituzionale ( dagli elettori-spettatori di ieri agli internauti-rivoltosi di oggi ), che si riflette anche nell’ affermazione dei cosiddetti nuovi populismi. È pur vero che nel modello originale samarcandista- santoriano dell’ informazione, erede di un certo clima da assemblee del movimento ‘68-‘77, non mancava certo una quota parte di populismo. Ma i tentativi attuali di rinnovare quel genere, persino in chiave d’allineamento al nuovo che avanza, persino nella direzione d’allargare al mondo dei blogger e dei twitter- ratori, si fermano sempre alla soglia di percentuali tutt’altro che esaltanti. Nemmeno le ospitate dei grillini e dei Salvini garantiscono l’impennata negli ascolti ai talk- show, nessun collegamento esterno interpreta gli umori popolari italiani meglio d’un qualunque filmato d’imprecazioni che gira in rete. Per affrontare il salto nella società post- televisiva forse bisognerebbe cominciare a fare i conti davvero con gli “spettautori”. E forse non basta quel semplice cancelletto. Ne riparleremo.