Da Caporetto a Baghdad il passo è breve
La Grande Guerra raccontata da Lorenzo Cremonesi, l’inviato del Corrieredella-Sera in mezzo ai conflitti di oggi
Ècome se Alberto Sordi e Vittorio Gassman, indimenticabili protagonisti del film La Grande Guerra di Mario Monicelli, iniziassero a parlare in arabo, in turco; insomma, in una lingua a noi sconosciuta. Cosa cambierebbe ai fini della storia? Poco o niente. Perché vedremmo sempre in primo piano i loro volti sfatti. Con quello sguardo a metà tra la paura e la speranza. E soprattutto li ritroveremmo immersi nella loro vita di trincea, dove i minuti, in attesa dell’attacco nemico, sembrano non passare mai. Lorenzo Cremonesi, giornalista e inviato di guerra per il Corriere della Sera, probabilmente avrà pensato più di una volta ai due mostri sacri del cinema italiano, scrivendo Da Caporetto a Baghdad, un libro sulle battaglie e i territori della Prima guerra mondiale ideato e realizzato dai fronti caldi di Mosul, Baghdad, Istanbul e Tripoli. Posti dove il “doppiaggio”, la lingua con la quale comunicano i soldati, non è sicuramente quella europea, Tra passato e presente Soldati italiani in trincea e la copertina del libro di Lorenzo Cremonesi DaCaporettoa Baghdad, in edicola con il Corriere a 12,90 euro escluso il costo del quotidiano. ma il fango, le trincee, ed il sibilo delle pallottole non si discostano più di tanto dalle battaglie combattute un secolo fa sull’Isonzo, nei boschi dell’Alsazia, o lungo le spiagge belghe dell’Atlantico. Persino il vento, gli odori, e un po’ il paesaggio, ribaltato e offeso dalla guerra, è riconoscibile. Basta esserci, sul posto, provando a calpestarlo. « Non c’è modo migliore per capire la logica di una battaglia che andare sul posto, percorrerlo in modo lento, avere il tempo e la pazienza per vedere dove si trova l’acqua potabile, dove il terreno è duro o molle, dove è facile scavare ripari o dove la roccia lo ostacola, dove sono le alture dominanti, le zone boscose, le strade, quanto fa freddo d’inverno e caldo d’estate » , scrive Cremonesi nell’introduzione del suo libro, da ieri e per un mese in edicola a 12,90 euro, escluso il costo del quotidiano. Da Caporetto a Baghdad. La Grande Guerra raccontata da un inviato nei conflitti di oggi – sempre da ieri lo si può trovare anche in libreria, al prezzo di 16,90 euro – oltre a tracciare, per forza di cose, un parallelo tra le guerra odierne e le battaglie combattute un secolo fa, si fa leggere come un racconto. Puntata dopo puntata. Non a caso, gli articoli raccolti nel libro sono stati pubblicati negli ultimi due anni sul magazine Sette, ogni settimana, per cento numeri. Leggerli o rileggerli, uno dietro l’altro, restituisce il senso di un viaggio tra Oriente e Occidente, tra il presente e il passato: dalle armi tecnologicamente all’avanguardia dell’aviazione tedesca dei primi decenni del Secolo breve, ai droni dell’aviazione statunitense utilizzati in questi ultimi anni. Oltre all’evoluzione bellica, è sorprendente scoprire le tristi assonanze tra due modi di vivere la guerra a distanza di un secolo. La ferocia dei tagliatori di teste degli uomini del Califfato dell’Isis non è che si discosti tantissimo dal godimento violento, ed esibito piacevolmente, dei carnefici di Cesare Battisti, ucciso nel luglio del 1916 a Trento. Sul fronte della ferocia non si scopre, né si inventa nulla. Così come per le forme di conflitto armato, oggi e nel corso della Grande Guerra siamo sempre “dominati dalla dimensione della guerriglia e della guerra civile”, osserva l’autore di Da Caporetto a Baghdad, il quale racconta e descrive la storia da giornalista in trincea. Secco ed essenziale di fronte al dramma di una città nel passaggio dalla pace alla guerra: « Nell’arco di pochi giorni, talvolta solo poche ore o anche meno, una strada che fino a poco prima si percorreva tranquillamente diventa un labirinto di morte, con i tiri dei cecchini, le cannonate, le macerie sul selciato e l’immondizia che imputridisce dovunque » .