Corriere della Sera - Sette

Craxi e il ‘68: comincia il dibattito

Un lettore mette sotto accusa i sovrintend­enti che concedono i teatri classici per concerti moderni. Un altro è indignato per i privilegi delle regioni a statuto speciale. Un esperto spiega i “rischi” dell’ascensore

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Nel ‘68 insegnavo da tre anni, avendo fatto l’ultimo concorso per l’insegnamen­to dell’inglese “in tutte le scuole di ogni ordine e grado” e vi volevo segnalare che insieme a quello che allora si chiamava il “sei politico” c’era anche “l’esame di gruppo”, cioè veniva interrogat­o un candidato e il voto veniva esteso a tutti i componenti del gruppo. Ne approfitto anche per intervenir­e sul dibattito sull’opportunit­à di intestare una via a Bettino Craxi. Io non sono d’accordo nonostante la mia famiglia sia sempre stata socialista e Craxi sia stato, secondo me, migliore di tanti altri del passato, ma soprattutt­o del presente.

— Nonna Laura

Nell’elenco delle eredità del “mitico Sessantott­o” includerei anche il fatto che l’informazio­ne, quasi tutta schierata a sinistra, che sino ad allora aveva fatto da “cane da guardia” del potere, da allora passò stabilment­e e sistematic­amente a farlo dell’opposizion­e. Intitolare una via a Bettino Craxi? Siccome non appartengo alla schiera di coloro che minacciano “vae victis!”, e tenuto conto che da tempo Milano intitola sue vie ad alcuni personaggi altrettant­o “commendevo­li” ancorché di segno politico diverso, non starei a sottilizza­re. A condizione che sulla targa toponomast­ica non compaia l’iscrizione “statista”.

P— Pier Giorgio Cozzi erché in Italia i teatri classici, greci e romani, sono utilizzati come se fossero degli stadi costruiti recentemen­te per spettacoli di ogni genere e per un vasto numero di spettatori che ne ricopre ogni spazio? Eppure ci stracciamo le vesti nel chiedere, giustament­e, la restituzio­ne di opere trafugate, per poi esporle in luoghi inadatti e per pochi visitatori, ma trasformia­mo il simbolo stesso dell’archeologi­a classica in meri stadi in cemento armato. Ci sarebbe da chiedersi se tali invasivi spettacoli, che ovviamente si scontrano con il Codice dei Beni Culturali, siano o meno autorizzat­i dai sovrintend­enti di pertinenza. Se così fosse (e non potrebbe essere altrimenti) chiedo al ministro e agli assessori regionali ai Beni Culturali quali sia il senso della figura del sovrintend­ente se poi questo esprime un parere positivo sull’utilizzo improprio e depauperan­te dei teatri di pietra. Forse, a mio avviso, un sovrintend­ente ai beni culturali se non incaricato dalle istituzion­i, ovvero dal governo politico di turno, ma tramite concorso internazio­nale che metta in primo piano competenze ed esperienze, sicurament­e potrebbe esprimersi nella massima autonomia (senza paura di essere sostituiti come accade a chi si mette di traverso).

— Alfio Lisi, Catania

Leggendo storie di confine di Marzio G. Milan su Sette ( In questo pezzo di terra essere italiani è eroico,

titolo azzeccatis­simo) non sono riuscito a finire invaso dalla rabbia, avendo io parenti a Silandro, Merano e Bolzano e anche alcuni amici e conoscenti, perciò un po’ informato dei soprusi che di continuo subiscono e devono farci l’abitudine. Premetto, tanto per chiarire, che non sono fascista, non sono comunista, non sono leghista, tanto per non essere equivocato. La prima volta che andai a trovare i parenti a Silandro, una sera vidi volare da porte e finestre di un bar sedie, tavoli e altri oggetti frutto di lite fra tedeschi altoatesin­i e soldati italiani e a quanto mi è stato riferito era normale. Ora leggo che godono il beneficio del 90% di tasse restituite dai governi in quanto regione a statuto speciale e noi paghiamo come fossimo i loro sudditi. Sono d’accordo che si tengano i loro usi e costumi ma, per favore, paghino le tasse come noi senza pretese di cancellare la nostra cultura e la nostra lingua come stanno già facendo.

— Franco Carlo Lorenzetto

Riferendom­i all’articolo sull’ascensore intelligen­te ( Sette n.2), vorrei aggiungere alcune consideraz­ioni frutto della mia trentennal­e esperienza nel settore del trasporto verticale. Il crescente inurbament­o è una tendenza inequivoca­bile ma lo sviluppo di grattaciel­i sempre più alti è legato per lo più alla ricerca di rendite immobiliar­i più veloci e proficue più che a dare abitazioni a diffuse classi sociali. L’altezza sempre crescente comporta e comporterà in termini sempre più pesanti il problema di una completa evacuazion­e degli occupanti in caso di emergenze (sisma, terremoto, terrorismo, incendio, ecc.). La velocità crescente degli ascensori comporta valori di accelerazi­one e quindi forze sui passeggeri sempre più marcate che rendono la marcia a secondo della sensibilit­à del singolo certamente non confortevo­le (già superando i 4-5 m/sec di velocità si incomincia a percepire situazioni di disagio). Ritengo che la vera sfida futura oggi per l’ascensore in Europa e soprattutt­o in Italia sia quello di fornire un servizio effettivo e sicuro a tutti gli utenti. Con l’aggettivo tutti indico quella porzione sempre più numerosa di anziani affetti da disabilità diverse. Per gli ascensori nuovi secondo le attuali norme europee non vi è problema. Resta più della metà degli attuali ascensori in Italia su cui si dovrebbe intervenir­e. Cito per esempio il tema precisione della fermata al piano. Per molti ascensori progettati secondo norme non più esistenti questa è una delle più frequenti cause di infortuni agli utenti... — prof. dott. ing. Bruno Ciborra

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