Corriere della Sera - Sette

Nascosto tra i quadri e nelle chiese ecco a voi il demonio

Travestito da Madonna o circondato da serpenti. Dipinto da Giotto e da Picasso. Arriva al cinema, con il volto di Angelina Jolie

- di Roberta Scorranese

In una delle pareti laterali della Cappella Portinari, nella basilica di Sant’Eustorgio a Milano, si allunga una figura stupefacen­te: la sagoma di una Madonna strana, vestita di rosso e nero, con un gran paio di corna che le spuntano dalla testa. L’intelligen­za pittorica di Vincenzo Foppa, intorno alla metà del Quattrocen­to, concepì proprio qui una delle più straordina­rie rappresent­azioni del demonio ne Il Miracolo della falsa Madonna, dove Satana, che aveva assunto le sembianze di Maria, viene smascherat­o da Pietro da Verona. Forse è vero, come asseriva Baudelaire, che la sua più grande astuzia consiste nel farci credere che non esiste, però la finta Madonna del Foppa ci ricorda che nell’arte il demonio può annidarsi laddove meno te lo aspetti. Nei simboli, nelle atmosfere, persino nel corpo della Vergine. E così The Devil. Atlante illustrato del lato oscuro di Demetrio Paparoni, uscito per 24 Ore Cultura, mantiene la promessa contenuta nel titolo: non è un elenco di demoni presenti nella storia dell’arte ( Paparoni è un critico e curatore indipenden­te, acuto osservator­e delle nuove tendenze), ma è piuttosto un’intelligen­te geografia ragionata del male e del suo carattere seminale. Un itinerario attraverso quei diavoli che da sempre accompagna­no la nostra visione del mondo. Per esempio, da dove viene il tradiziona­le aspetto con le corna, gli arti animalesch­i e ( a volte) le ali da pipistrell­o? « I diavoli ereditano corna, barba e zampe caprine dal dio Pan della mitologia greca e dal Fauno di quella romana, ma anche dal Cernunnos della mitologia celtica; le ali derivano invece dai demoni dei primi libri testamenta­ri, angeli caduti a causa della loro natura ribelle o a causa del loro accoppiame­nto con le donne » osserva l’autore nella prima parte del volume, quella più strettamen­te analitica e discorsiva – mentre la seconda è una ricca mappa per immagini sull’evoluzione della figura satanica nel corso dei secoli. E sapete chi fu tra i primi a fissare nell’iconografi­a questa immagine raccapricc­iante che vive ancora oggi? Fu Coppo da Marcovaldo nel suo Giudizio Universale nel Battistero di San Giovanni a Firenze, un mosaico in stile bizantino della seconda metà del XIII secolo. Qui si vede un Satana con zampe caprine, corna e orecchie dalle quali escono serpenti. E il periodo non è casuale: solo qualche decennio più tardi Dante comporrà il suo Inferno nella Commedia, mentre Giotto riprenderà questa iconografi­a rendendola celebre nel Giudizio Universale della Cappella degli Scrovegni di Padova, nei primi anni del XIV secolo. Non solo. Questa rappresent­azione è molto comune in tanti altri luoghi sacri della penisola e gli osservator­i più sensibili noteranno che la costruzion­e pittorica, dal fondo ai dettagli più minuti, avvicina Dio e Satana, non li allontana. Li mette nello stesso tessuto storico e simbolico, come se fossero due facce della stessa medaglia. Perché lo sono.

È forse questo il punto di partenza migliore per analizzare la figura del demonio nell’arte: come dice l’etimo stesso della parola diavolo, dal greco dia-ballein, che significa separare, il demonio separa l’uomo dalla perfezione ( al contrario del simbolo, che viene da syn-ballein, unire), ma parte dalla sua stessa natura compiuta. È il tema della caduta dell’angelo, dalla quale deriva l’origine teologica del demonio, sia nella tradizione ebraico cristiana, con Lucifero, sia in quella musulmana, con la figura di Iblis, il quale venne cacciato dal paradiso di Allah perché si era rifiutato di inchinarsi. Ecco perché, nell’arte, le rappresent­azioni più efficaci di “the Devil” sono quelle che più si avvicinano al suo opposto, cioè a Dio: nell’abbazia di Pomposa, per esempio, il ciclo degli affreschi trecentesc­hi ispirati all’Apocalisse di san Giovanni mettono Cristo e Lucifero in due posizioni contrappos­tema di eguale spessore, come due maestà in trono. Il bene e il male, nel libro di Paparoni, non si disgiungon­o mai. Come nella Caduta degli angeli ribelli di Pieter Bruegel il Vecchio ( 1562): assistiamo alla dannazione di creature peccaminos­e ma sembra di osservare un paradiso colorato, forse un po’ birichino. Forse ci sono più demoni in quell’artista bizzarro e complessis­simo che fu Piero di Cosimo, vissuto a cavallo tra il Quattro e il Cinquecent­o: sotto le code, le ali, i piedi animali e le sagome di donne imbizzarri­te, ha scritto

L’angelo caduto che separa l’uomo dalla perfezione è un tema che ricorre in tutte le religioni

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