Prova epica per Gibson sull’isola di Okinawa
La torre nera di sassi e pietre, si alza diritta e verticale davanti al mare, laggiù nella maledetta isola di Okinawa. I soldati dovranno scalarla per combattere contro i giapponesi che aspettano all’aria aperta, o nascosti nei cunicoli sotterranei. Dopo un lungo prologo di amore e pace, la tempesta di fuoco si scatena. Fra i fucilieri armati, c’è anche il mite Desmond Boss (la sua storia è vera), un giovanotto della Virginia, pacifista estremo, fratello ideale del vecchio Gary Cooper, eroico sergente York. Gli ufficiali superiori e i compagni hanno fatto di tutto per cacciarlo, ritenendolo un possibile peso, morto e pericoloso. Ma lui ha resistito: e nel giorno della battaglia tutti penseranno a lui, che a mani nude e senza paura andrà a salvare i feriti uno per uno. Nella prima parte il nuovo film di Mel Gibson ha un sapore antico, lento e piuttosto retorico. Ma nell’interminabile sequenza del combattimento, il regista conferma il suo stile che punta tutto sullo strazio dei corpi, sul senso fisico del dolore e della morte, come capitava (non senza scandalo) al Cristo in vincoli, straziato dai chiodi e dalle frustate, in The Passion. Più vicino allo Spielberg di Omaha Beach ( Salvate il soldato Ryan) che al pensoso Eastwood di Lettere da Iwo Jima, Gibson, ”Bad Man” nell’agitata vita privata, si conferma un autore insolito, epico e corporale, non sempre lucido ma col cuore impavido.