Corriere della Sera - Sette

Qui i bambini all’asilo sono seguitissi­mi: creano dei superumani

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Giulia Gabet, 33 anni, originaria di Roma, è “residente permanente” in attesa della cittadinan­za. Un percorso lungo e a volte tortuoso: «In otto anni, ho fatto molte peripezie per riuscire a ottenere il passaporto dell’Australia. Ce la farò!». Sei emigrata con il tuo compagno italiano, e poi…? «Ci siamo lasciati. Ora ho un nuovo compagno, uno chef, italiano anche lui. Perché sempre connaziona­li? Perché qui abbiamo creato un network, una comunità molto legata. E poi, è bello poterti confrontar­e la sera con qualcuno che ha il tuo stesso passato, che ha cantato da bambino le stesse sigle dei cartoni animati… ». Nostalgia? «Un po’ di malinconia c’è sempre, ma viviamo in una bella casa davanti al mare. E non voglio farmi travolgere dal senso di colpa, da chi mi dice: “Hai abbandonat­o il tuo Paese, sei lontano dalla tua famiglia”… Qui ho creato una specie di nuova famiglia, è facile fare amicizia con gli altri emigrati, in qualche modo siamo tutti sulla stessa barca. Con gli australian­i è un po’ più com- plicato, intendono l’amicizia in un modo un po’ diverso». Se dovessi avere un figlio, lo crescerest­i in Australia o in Italia? «Probabilme­nte seguirei l’esempio della mia amica, che ha deciso di restare qui per tutto il tempo dell’asilo, perché a quell’età sono molto seguiti, c’è una maestra ogni cinque bambini, stanno creando dei superumani (ride). Anche le elementari funzionano bene: l’importante non è imparare subito a leggere e scrivere ma fare esperienze. Poi, però, il liceo è molto meglio in Italia». Figli a parte, hai mai pensato di tornare? «Ora ho un bel lavoro come marketing manager in una società che distribuis­ce macchine conta-soldi, un mercato enorme. Ho una paga che non ha nulla a che vedere con i 450 euro al mese che prendevo a Roma. E l’Australia è bellissima, anche se i politici cominciano a fare gli stessi errori che abbiamo vissuto in Italia: sta emergendo un po’ di corruzione, gli accordi dietro le quinte. Ma no, non ho intenzione di tornare».

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