La migrazione è cambiata: meno under 30 e più famiglie con bambini
Marco Zangari, 37 anni da Messina, da cinque anni lavora per l’associazione Coasit, che assiste il crescente numero di immigrati connazionali, soprattutto giovani, creando anche un ponte culturale e linguistico con gli emigranti di seconda o terza generazione, «qui spesso parlano ancora in dialetto». Sull’esperienza di un ragazzo in “working holiday” ha scritto un libro Latinoaustraliana (ed. Nativi Digitali), e avverte: «L’Australia non è per tutti». Ossia? «Trasferirsi in Australia è un’impresa complessa. Nel 2011 c’è stato un boom di arrivi, ogni giorno incontravo 20-30 giovani. Oggi la media è scesa a una decina e nel frattempo è cambiato il tipo di migrazione: meno under 30 e più famiglie con bambini piccoli. Solo una piccola percentuale, meno del 5 per cento, riesce a fermarsi. Lo scoglio più duro è il visto». Per alcuni mestieri è più facile… «Sì, per informatici, sportivi, insegnanti di lingua è più facile trovare uno sponsor. C’è anche una grande ricerca di infermieri ma l’iter per convertire il titolo italiano è lungo e costoso, come per i medici. Io sono laureato in psicologia e dopo tanti anni sto ancora aspettando». I giovani rischiano lo sfruttamento, ad esempio nelle fattorie? «Sono una realtà difficile da controllare. Il governo si è svegliato un po’ ma è complicato in un territorio così vasto. C’è molto sottobosco e alcuni “comprano” falsi attestati di lavoro dalle fattorie. È una pratica pericolosissima, sono guai seri se si viene beccati. Anche io sono passato dalle “farm”: insetti, serpenti, bruciature… eppure è un’esperienza che rifarei». Sei venuto in Australia per amore, e poi? «Il primo anno ho fatto quindici lavori, tra cui cameriere, scaricatore, fattorino, vendite porta a porta… Ora sono cittadino australiano da due anni e spero, presto, di poter esercitare come psicologo. Ho una nuova compagna, originaria di Messina come me. Ci siamo conosciuti qui e in Italia le nostre case distano quindici minuti. Tornare? Se vogliamo investire nel futuro, dobbiamo restare in Australia».